Oggi intervistiamo il Prof. Carlo Vivaldi-Forti, sociologo e psicologo, del quale abbiamo recentemente pubblicato alcuni scritti, e la cui attività si svolge in Italia e in Svizzera nel campo del volontariato, della ricerca scientifica, del giornalismo, della saggistica. Un’intervista di Francesco De Maria.
Prof. Vivaldi-Forti, si presenti in breve ai lettori di Ticinolive.
Carlo Vivaldi-Forti La mia intera esistenza è stata dedicata alla cultura. Provengo da studi classici e ho una formazione umanistica: laurea in Sociologia, specializzazione in Psicologia sociale e terapeutica. Ho lavorato a lungo in Italia come libero professionista, ricercatore, scrittore e giornalista. Ho collaborato con diversi quotidiani e riviste. Su due di queste, il Borghese e il Sestante, scrivo tuttora. In Germania ho collaborato con i settimanali Jungefreiheit e Ostpreussenblatt, in Olanda con Argumenten, organo della Fondazione Sociocratica di Rotterdam, in Svizzera con Gazzetta ticinese , GT7 , Opinione Liberale . Nei tardi anni ’90 sono stato co-fondatore, a Lugano, dell’Istituto di ricerca sociale Isis, il quale opera nell’ambito della Fondazione della Svizzera Italiana per la Ricerca e gli Studi Universitari (Sirssu), mentre più di recente ho partecipato a talune iniziative dell’Università Ludes. Nel 2013 ho ricevuto la nomina a docente associato della Facoltà di Sociologia presso l’Istituto Ipus di Chiasso, anche se per il momento puramente onorifica, visto che i corsi saranno prevedibilmente avviati solo il prossimo anno.
Oltre alla ricerca scientifica e al giornalismo, coltiva anche altri interessi, per esempio di tipo letterario o politico?
CVF Sono autore di diverse opere saggistiche e letterarie. Una di queste, Pravda vitezi-La verità vince, dedicata al dissenso cattolico nella Praga del dopoguerra, ha vinto il prestigioso premio Firenze- Il Fiorino d’Oro nel 2008. Attualmente sto lavorando a un nuovo libro, a cavallo tra i due generi, che ha per tema la scienza dei secoli futuri, muovendo da quella di oggi. Non svolgo attività politica diretta, ma sono profondamente coinvolto negli studi che la riguardano. A questo titolo sono membro del Consiglio direttivo dell’associazione culturale Cesi ( Centro Nazionale Studi politici e iniziative culturali) di Roma.
Lei è psicologo e sociologo, ha scritto opere importanti. Che cosa possono fare psicologia e sociologia… per migliorare la società degli uomini?
CVF Teoricamente molto, e l’abbondante produzione letteraria, anche di ottimo livello, in entrambe le discipline lo dimostra. Purtroppo le classi politiche di tutta Europa, non solo quelle italiane, si mostrano totalmente disinteressate alla scienza, abbarbicate come sono all’utile immediato, elettorale o economico. Gli effetti di questa ignoranza diffusa si toccano tragicamente con mano. Occorre quindi che giungano al potere politici colti o almeno aperti alla cultura.
Lei può certamente essere definito, anche, un politologo. Qual è, in sintesi, il suo orientamento? Aderisce a qualche specifico partito/movimento politico?
CVF Non ho attualmente in tasca alcuna tessera di partito, in quanto nessuno di essi mi attira. Molti anni fa ho militato nel Partito Liberale Italiano, ricoprendo cariche a livello locale. Nel 1983 sono stato candidato al Parlamento, ovviamente non eletto né eleggibile, visto che nella mia circoscrizione, in Toscana, il Pli non ha mai superato il 2%. Oggi mi batto strenuamente in difesa della libertà, sempre più minacciata dalle lobby e dai poteri forti che hanno infeudato l’Europa.
“Nuovo modello di sviluppo” è un’espressione ricorrente nei suoi scritti. Che cosa significa esattamente?
CVF Con questo termine sottolineo la necessità che cambino radicalmente i principi stessi della convivenza umana. Quelli prevalsi nell’ultimo dopoguerra sono superati e si pongono oggi come un ostacolo insormontabile allo sviluppo economico e alla crescita civile della società. Non posso entrare nel merito dei singoli aspetti per motivi di spazio, ma al tema ho dedicato nel 2009 un saggio, Il crollo del modello consumistico-assistenziale, edizioni Campanotto, a cui rinvio gli eventuali interessati.
La mia impressione è che lei sia un pensatore… controcorrente, lontano da certe visioni prevalenti negli ambienti “ufficiali”. Lei propugna un’idea che si potrebbe denominare “nuovo umanesimo”, non è così?
CVF Ritengo che la tirannia delle lobby e dei poteri forti si basi su una forma estremamente sofisticata, e perciò compresa da pochi, del divide et impera. Si tratta della incomunicabilità della cultura scientifica con quella umanistica, fenomeno artificialmente indotto dalle baronie accademiche asservite al sistema e sconosciuto in passato, quando la Weltanschauung era caratterizzata dall’unità della conoscenza. Solo riscoprendo questa sintesi generale, il pensiero e la società torneranno liberi. Ciò intendo, sociologicamente parlando, per umanesimo.
Che cos’è, e quali scopi ha, il CESI, associazione culturale romana della quale – come si è detto sopra – lei è membro del Consiglio direttivo?
CVF Lo scopo del Cesi è lo studio sistematico della riforma costituzionale di cui l’Italia ha urgente bisogno. Nel 2013 ha edito un saggio sulla materia intitolato Manifesto , alla cui redazione ho io stesso collaborato. In sintesi dirò che non siamo d’accordo con molte proposte scaturite dall’incontro Renzi-Berlusconi del Nazareno, a nostro avviso insufficienti o addirittura controproducenti.
Parliamo dell’Italia, che tutti danno (magari esagerando) per disastrata e quasi morta. Troverà una via “recupero” e di salvezza, e in che modo? Che cosa ci può dire dei più recenti sviluppi politici nel suo paese?
CVF Ritengo totalmente negativi gli sviluppi italiani seguiti al famoso complotto del 2011. Non soltanto essi rappresentano un vulnus alla democrazia, avendo condotto al potere tre governi non eletti dal popolo, ma la politica economica e sociale di questi ultimi ha drammaticamente aggravato le già precarie condizioni del Paese, spingendo la disoccupazione reale al 30% e la pressione fiscale effettiva al 70, livello assolutamente incompatibile con qualsiasi forma di sviluppo. Una ripresa è certo possibile, ma a condizione che si inverta alla radice la politica dell’ultimo mezzo secolo. Ciò rappresenterebbe una autentica rivoluzione, che inderogabilmente prima o dopo avrà luogo, ma non certo ad opera dell’attuale premier, ostaggio dell’establishment come i suoi immediati predecessori.
Chi rappresenta la Destra oggi in Italia? Come si potrebbe definire il “fenomeno politico Berlusconi”, durato vent’anni?
CVF La Destra è rappresentata da Forza Italia , Fratelli d’Italia e Lega Nord. L’Ncd di Alfano è ormai totalmente appiattito sulle posizioni di Renzi, destinato quindi a rapida eutanasia. Berlusconi ha rappresentato per molti anni la speranza del cambiamento, ma proprio in questo ha deluso gran parte dei suoi elettori, come i risultati dimostrano. Ormai, malgrado le sue persistenti illusioni, come leader è fuori gioco. Alla Destra italiana mancano una leadership credibile e una visione politica alternativa coerente.
Il paese, sempre sofferente per i suoi mali “storici” – malavita organizzata, istituzioni vacillanti, senso civico carente – ha subito negli ultimi anni un evidente declino economico. Quali le cause di questo impoverimento? Lei crede possibile una ripresa?
CVF Il declino economico è l’effetto congiunto di tutti i fattori che Lei ha ricordato, ma su questi uno prevale nettamente: la bassa qualità della classe politica sul piano morale, intellettuale e culturale. La ripresa è possibile, ma a condizione che l’attuale dirigenza venga integralmente sostituita da persone estranee all’ambiente, tratte dal meglio di ciò che esprime la società civile. Anche a tale scopo mirano le riforme proposte dal Cesi.
Come vede questa piccola realtà che lei ha imparato a conoscere e ad apprezzare, il cantone Ticino? Ha qualche progetto preciso da realizzare nel Ticino? Quali contatti ha stabilito con la realtà culturale locale?
CVF Il Cantone Ticino potrebbe giocare un ruolo importantissimo nell’attuale fase storica, di fronte alla crisi endemica dell’Europa e a quella, gravissima, della vicina Italia. Non mi riferisco ad iniziative politiche sensu stricto, che risulterebbero estranee alla tradizione di neutralità e imparzialità della Svizzera, bensì alla funzione d’incubatrice di quella nuova forma-pensiero di cui ho parlato prima, indispensabile per ridare slancio ad un Paese e ad un Continente in rapido declino. Perciò tutto quello che attiene alla cultura e alla ricerca, soprattutto in campo socio-economico, potrebbe vedere il Ticino nuovamente protagonista, come all’epoca del Risorgimento italiano e delle guerre mondiali. L’importante è che la sua classe dirigente lo capisca e su questo nutro qualche legittimo dubbio. Pensi che molti anni fa , il Rettore di una delle più prestigiose Università private italiane m’incaricò di trattare con le autorità ticinesi il trasferimento nel Cantone della sua sede principale, la cui sola presenza, senza tra l’altro minimamente interferire con l’Usi in quanto gli indirizzi rispettivi non erano sovrapponibili, avrebbe rappresentato un fiore all’occhiello capace di attirare non solo migliaia di studenti, ma anche i riflettori di tutta la comunità scientifica internazionale. Ebbene, dopo molti inutili colloqui dovemmo rinunciare, in quanto il governo cantonale riteneva impossibile reperire il minimo di risorse necessarie a far partire l’iniziativa. Non voglio riferire altri particolari, per non rinfocolare vecchie ed inutili polemiche. Tuttavia , se la mentalità dei responsabili fosse ancora la stessa, il Cantone perderebbe una preziosa e forse irripetibile occasione di prestigio e di sviluppo. Modestamente, mi trovo qui anche per cercar di evitare che questi errori si ripetano.
La votazione del 9 febbraio, con la vittoria di misura dell’iniziativa UDC “Contro l’immigrazione di massa”, ha suscitato sorpresa, condanna e scandalo. Gli svizzeri sono colpevoli? E di che cosa? Come giudica la loro democrazia diretta, alla quale sono attaccatissimi?
CVF La colpevolizzazione europea del referendum del 9 febbraio fa parte della politica di accerchiamento che da tempo l’Europa ha messo in campo per fagocitare la Svizzera, non più con la minaccia dei carri armati come all’epoca di Hitler, ma dello strangolamento economico. Ancora una volta preferisco tenermi lontano da polemiche annose, ma la Confederazione dovrebbe resistere alle sirene che vorrebbero svendere l’indipendenza del Paese, e questo in riferimento a tutti i contenziosi bilaterali o multilaterali. Ciò nel rispetto dei trattati già sottoscritti, sempre legittimamente modificabili, ma escludendo ogni forma di retroattività della legge, sovvertitrice dell’ordinamento giuridico. La democrazia diretta è un grande strumento di espressione della volontà popolare , uno dei pochi con cui contrapporsi alla tirannia delle lobby. Essa è anche il presupposto della Partecipazione e della Sociocrazia, i modelli sociali per cui da sempre mi batto.
A conclusione, le chiedo di riassumere in poche battute i valori fondamentali in cui crede e per i quali si è battuto tutta la vita.
CVF Riassumo così i miei valori fondamentali: onestà, coerenza, spirito d’iniziativa, senso dell’onore, rispetto della parola data, serietà nel lavoro, amore della libertà. Le basi, queste, di qualsiasi convivenza ordinata, oggi però quasi sempre irrise e neglette.
Esclusiva di Ticinolive, riproduzione consentita citando la fonte.
L'articolo “L’Europa accerchia la Svizzera e la vuole fagocitare!” – Intervista a Carlo Vivaldi-Forti sembra essere il primo su Ticinolive.