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Kobani. La contestazione curda infiamma la Turchia

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Sedici morti, province in regime di coprifuoco, bus municipali incendiati a Istanbul, manifestanti aggrediti dai salafisti. In Turchia mercoledì è scoppiata un’insurrezione a margine delle manifestazioni a favore dei curdi che si sono svolte in tutto il paese. Il governo di Ankara ha indetto una riunione d’urgenza.

Lo stato d’urgenza decretato in sette province della Turchia comporta la chiusura di scuole e aeroporti. Da mercoledì l’esercito pattuglia la maggior parte delle province curde alla frontiera con Irak e Siria. In molti luoghi vige il coprifuoco.

A innescare i disordini è stata l’entrata dei djihadisti dello Stato islamico nella città di Kobani, la cui popolazione è in maggioranza curda.
Di fronte all’indifferenza del governo turco, le più grandi città del paese e soprattutto le province curde del sud-est sono sprofondate in poche ore in una violenza inaudita, alla quale la polizia ha risposto in maniera brutale, spesso sparando contro i manifestanti e lanciando gas lacrimogeni. Mercoledì gli scontri hanno fatto 16 morti e decine di feriti. soprattutto a Diyarbakir, che può essere considerata la capitale del Kurdistan turco.

L’aspetto più inquietante è l’apparizione di gruppi di musulmani estremisti che hanno ineggiato al massacro dei curdi e che non hanno esitato ad attaccare i manifestanti con i coltelli.

Di fronte alla rabbia della popolazione curda, le possibilità di manovra del governo di Ankara non sono molte. Una di queste sarebbe l’apertura di corridoi umanitari e logistici, affinchè i curdi possano portare soccorso ai loro confratelli a Kobani.

Nell’attesa di una decisione governativa, la comunità curda ha lanciato appelli a scendere nelle strade e manifestare, soprattutto nelle grandi città all’ovest del paese, Istanbul, Ankara e Izmir, così come nell’est della Turchia.

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