I sistemi per misurare il tempo che si sono susseguiti sin dall’antichità presentavano tutti delle imprecisioni. L’anno bisestile venne introdotto proprio per correggere questi errori.
Nel 46 a. C. fu inaugurato da Giulio Cesare il calendario giuliano: assumendo che ogni anno fosse di 365 giorni, incluse ogni quattro anni un anno di 366 giorni che recuperasse le ore di scarto rispetto all’anno solare (che dura in realtà circa 365 giorni e 6 ore).
Il nome “bisestile” deriva dal fatto che i Romani inserivano questo giorno in più prima delle calende di marzo (24 febbraio) e lo chiamavano “bis sexto kalendas Martias”.
Più tardi, quando si incominciò a contare i giorni del mese partendo dal primo e poi con numeri successivi, il giorno “bis sexto” di febbraio divenne il 29.
Il giorno in più non pareggiava però esattamente i conti con l’anno solare e nel 1582 Papa Gregorio XIII decise di far saltare i giorni dal 4 al 15 ottobre per riportare l’equinozio di primavera al 21 marzo.
E introdusse il calendario detto gregoriano, in vigore a tutt’oggi, in cui stabilì che gli anni secolari, eccetto quelli multipli di 400, non fossero più bisestili.
Gli anni bisestili sono perciò quelli divisibili per quattro, eccetto gli anni secolari che sono bisestili solo se divisibili per 400.
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