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È morto il sultano dell’Oman – Un prezioso profumo lo ricorda

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Qaboos bin Said, sultano dell’Oman è morto ieri all’età di 79 anni dopo quasi cinquant’anni di regno. Non era sposato e non aveva figli.

Meno di due anni fa Ticinolive ha pubblicato un articolo sui profumi arabi della boutique Abadi di Lugano. In esso si parlava di un profumo molto raffinato e molto costoso che porta il nome, Qaboos, del sultano defunto

Lo riproponiamo ai nostri lettori.

* * *

Rosa, Oud, Mirra, Ambra Grigia, Patchouli, Incenso e Legno di Sandalo. Pregiate e molto ricercate, sono queste le principali essenze dei Profumi Orientali. Note sempre diverse, unisex, il cui utilizzo ha spesso un’origine mistica e ancestrale, e che sono sempre più apprezzate anche nella profumeria occidentale. Queste essenze raffinate sanno suscitare emozioni e sensazioni che vengono da lontano, molto lontano, e ci presentano un mosaico di storia e tradizione, passione e creatività. Le essenze orientali e i profumi orientali sono i più antichi mai creati: dolci, sensuali e speziati ricordano quasi le storie delle Mille e una notte.

Abadi Lugano è la boutique di riferimento nell’ambito delle fragranze orientali e dei profumi di nicchia, un luogo magico dove potersi intrattenere e poter ascoltare, guardare e annusare. Un luogo dove è possibile imparare tutto sulla storia e sull’arte della creazione dei profumi e scoprire a proprio piacimento odori e fragranze. Vi attende un mondo di prodotti prestigiosi frutto della sapienza antica dei maestri profumieri orientali e di un’approfondita ricerca dedicata alle formulazioni ed alle materie prime, nello sforzo di selezionare gli oli essenziali e gli elementi più puri che la natura mette a disposizione.

Regalatevi una fragranza di intramontabile bellezza: sarete eleganti, al di là del tempo, al di là delle mode, apprezzando la sottile emozione che una creazione d’autore potrà suscitare in voi.

Un profumo racconta una storia.

Oggi parliamo delle sorelle Tatiana e Alessia (Olesea) Bazatin, che vivono a Lugano ma provengono dalla Moldavia, un piccolo stato di 4 milioni di abitanti che apparteneva all’Unione Sovietica. Tatiana e Alessia hanno, da poco, intrapreso un’attività commerciale a Lugano, importando profumi arabi da Dubai, che propongono al pubblico in due punti vendita, in Salita Chiattone e in via Orti a Molino Nuovo.

La loro attività, molto promettente, è agli inizi e in fase di organizzazione. Siamo andati a trovarle, abbiamo parlato con loro e abbiamo scattato alcune fotografie.


Come vedete, Tatiana e Alessia, la vostra città di adozione?

Lugano è molto bella, con la sua natura e il golfo attorniato dalle montagne. Un bel clima gradevole, che attira i turisti. È una piccola città tranquilla e sicura, con una popolazione molto internazionale. La gente è disponibile e cordiale.

Che cos’hanno di particolare i profumi arabi? Sono molto diversi dai profumi occidentali?

Contengono degli ingredienti tipicamente orientali (ambra, oud, mirra, patchouli) che danno alle fragranze delle note particolari.

Avete una competenza specifica nella vostra materia? Conoscete l’origine dei prodotti, e le tecniche di produzione?

Nella Boutique ABADI lo staff ha delle competenze molto professionali, essendosi formato a Parma in collaborazione con l’Accademia del profumo di Milano e con la Scuola di profumeria di Grasse in Francia.

Ci sono profumi per i quali avete l’esclusiva?

ABADI ha l’esclusiva per tutti i profumi che ha in vendita. ABADI collabora con l’Hotel Splendide Royal, dove ha una vetrina, e con l’Hotel City.

Per i più piccoli avete dei prodotti particolari?

Esattamente, ne offriamo una vasta gamma e collaboriamo con la Minimoda di Lugano per i profumi dedicati ai bambini.

Un profuno porta il nome del Sultano

I profumi Qaboos e Qaboos Flower, che portano il nome del Sultano Qaboos di Oman, possono essere trovati in esclusiva solo da boutique ABADI. Due fragranze di gran lusso  che riflettono una complessità di creazione della durata di oltre 8 anni. Questi prodotti sono di altissima qualità poiché sono composti dagli ingredienti più rari e preziosi ricercati in tutto il mondo. Il profumo Qaboos è originale, naturale e unico. Si ispira alla Storia Reale, che coniuga la modernità con le preziose tradizioni arabe.

Qaboos Flower – un regalo degno di una Regina, una fragranza che unisce idealmente lo spirito del mondo moderno con i bei tempi antichi.

Immagini orientali



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Teheran ammette di aver involontariamente abbattuto l’aereo ucraino

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L’aereo ucraino precipitato in Iran è stato abbattuto da un missile terra-aria. Dapprima non se ne era parlato se non su qualche media locale, in seguito l’ipotesi è diventata sempre più concreta e ora è una realtà confermata. Questa mattina l’esercito iraniano a ammesso, quando ormai l’evidenza non si poteva più negare, che il disastro aereo dell’8 gennaio nel quale sono morte 176 persone è stato causato da un missile che per errore ha colpito il velivolo ucraino. I sospetti erano già tanti in quanto il Boeing è precipitato poche ore dopo il lancio dei missili diretti alle basi statunitensi in Iraq.

Il 9 gennaio il primo ministro canadese Justin Trudeau ha dichiarato: “Possediamo informazioni d’intelligence provenienti da molte fonti, tra cui i nostri alleati e i nostri stessi servizi. Le prove mostrano che l’aereo è stato abbattuto da un missile terra-aria (Sam) iraniano. La cosa potrebbe essere anche stata involontaria”. Ha inoltre aggiunto che le prove sono talmente solide che se la sente di condividerle con i canadesi e con il mondo. L’interessamento del Canada non è casuale, ben 63 cittadini canadesi sono morti nello schianto dell’aereo.

Infine questa mattina l’amara ammissione: “La Repubblica islamica dell’Iran si rammarica profondamente per questo errore disastroso” ha dichiarato il presidente iraniano Hassan Rouhani. Inoltre ha assicurato che le indagini andranno avanti per identificare e perseguire pienamente i colpevoli di questa “immane tragedia”, di questo “errore imperdonabile” che ha causato la morte di 176 innocenti.

Il quartiere generale delle Forze armate dell’Iran si è scusato e ha fatto le condoglianze alle famiglie dei deceduti dicendo che l’aereo è stato erroneamente e involontariamente colpito in quanto scambiato per un “aereo nemico”. In un comunicato inoltre affermano che le Forze armate metteranno in atto “riforme essenziali nei processi operativi per evitare simili errori in futuro”. Indirettamente il dito però viene puntato anche contro gli USA in quanto la tragedia è avvenuta proprio nell’ambito della crisi tra Teheran e gli Stati Uniti, causata dall’uccisione del generale Qassem Suleimani.

Secondo quanto scritto da The Economist, le recenti rivelazioni sul coinvolgimento dell’Iran nell’abbattimento dell’aereo cambiano le carte in tavola. Se fino a questo momento il regime iraniano appariva come la vittima di un’aggressione e di un’interferenza aggressiva degli USA, ora rischia di apparire “tanto sconsiderato quanto incompetente”. L’esperto del centro studi Royal united services institute Justin Bronk ha affermato che scambiare un aereo passeggeri con un obiettivo militare è un errore al limite dell’assurdo. Decollato a bassa velocità, il velivolo trasmettere un codice radar del tutto ordinario che lo rende immediatamente riconoscibile come velivolo civile.

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“A nessuno importa quali siano le idee e i progetti dei candidati!”

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Ci risiamo! Ahinoi, di nuovo tengono banco solo gossip, presunti colpi di scena, speculazioni su possibili divisioni o faide interne, meglio se conditi con ingigantiti personalismi, esasperate acredini e polemiche. (…) A nessuno sembra importare chi siano i candidati, quali siano le loro idee e i loro progetti per la Città e la cittadinanza.

Tengono banco solo questioni, invero collaterali, che forse una volta senza social, portali, blog ed esasperazione mediatica, accadevano a porte chiuse, sconosciute ai più. (…)

Oggi invece tutto accade in piazza! Non quella vera ma quella asettica e virtuale dei social o ancora nell’arena mediatica, dove ad alzare o ad abbassare il pollice sono interlocutori più o meno estranei alle rispettive dinamiche partitiche, e che dall’esterno calano sentenze o peggio ipotetiche strategie, necessariamente superficiali, poiché prive delle informazioni di dettaglio e conseguentemente di un’analisi con cognizione di causa. (dal CdT odierno)

Karin Valenzano Rossi, candidata PLR al municipio di Lugano

* * *

Karin ha proprio ragione… e anche un po’ torto. Tanto per incominciare certe faide non sono affatto “presunte”. I portali alcune cose le inventano, ma non inventano tutto.

Inoltre, l’interesse che la politica suscita nel pubblico dipende in larga misura da simili schermaglie o conflitti, di persone o di clan. Lo si può deplorare (se proprio si vuole) ma non c’è niente da fare. E la psicologia pesa sull’esito della competizione politica per ben oltre il 50% (valutazione nostra).

I portali e i social esasperano il fenomeno. Ma anche qui non bisogna essere superficiali e sommari. Chi afferma (ad esempio): “Facebook dà un ruolo al buzzurro cretino, che impreca al bar contro l’universo sorbendo il frizzantino, trasformandolo in un comunicatore sociale e politico” (in sostanza il pensiero di Umberto Eco) esprime una verità solo parziale. Se uno ha gli occhi per vedere, su “faccialibro” c’è dell’altro.

Cogliamo l’occasione per augurare a Karin una campagna elettorale ricca di soddisfazioni.

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Gli USA hanno tentato di uccidere un altro ufficiale militare iraniano

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La stessa notte del 3 gennaio in cui è stato ucciso il generale iraniano Qasem Soleimani, i militari statunitensi avevano un secondo preciso obiettivo nello stato dello Yemen per decapitare, sempre per mezzo di un attacco aereo, la leadership del Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica: eliminare un importante comandante iraniano, Abdul Reza Shahlai. Ma la seconda missione non ha avuto successo.

Shahlai è considerato come il principale organizzatore di finanziamenti per le milizie sciite che operano in tutto il Medio Oriente. Il Pentagono lo accusa di una lunga storia di attacchi contro militari americani e loro alleati in tutto il mondo. Donald Trump aveva approvato l’attacco contro Shahlai lo stesso giorno in cui ha autorizzato l’attacco contro il generale Soleimani. Esiste una ricompensa di 15 milioni di dollari sulla sua testa, per le informazioni sulle attività finanziarie, le reti, i suoi soci e sul consegnarlo alla giustizia.

Nel 2007 è stato coinvolto nel rapimento e nell’omicidio di cinque soldati americani in Iraq. Nel 2011 Shahlai ha tentato di uccidere in un ristorante di Washington l’ambasciatore dell’Arabia Saudita Adel Al-Jubeir. Fu scoperto quando l’FBI arrestò poco prima il cugino, Mansour Arbabsiar, all’aeroporto internazionale di New York al rientro da Città del Messico dove stava ingaggiando assassini di un cartello di droga messicano per il complotto. La notizia sollevò ulteriori tensioni tra la famiglia reale sunnita che governa l’Arabia Saudita e il governo controllato dagli sciiti iraniani.

Nella sua base in Yemen, Shahlai sosteneva le forze sciite di Houthi che alleati con i militari fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh combattono dal 2015 contro le forze del governo di Hadi appoggiato dall’Arabia Saudita al quale gli Stati Uniti forniscono armi e supporto militare. L’anno scorso sia la Camera che il Senato statunitensi hanno approvato una risoluzione che chiedeva all’amministrazione Trump di porre fine a tutte le ostilità nello Yemen che non erano espressamente autorizzate dal Congresso. Ma Trump ha posto il veto alla risoluzione continuando il sostegno ai sauditi nello Yemen.

Il fallito tentativo di uccidere Shahlai, considerato fondamentale ufficiale militare dopo Soleimani, fa parte di una operazione più ampia di quanto in precedenza spiegato dall’amministrazione Trump. Mira a paralizzare la milizia di fede islamica e a prevenire imminenti attacchi agli americani. La notizia del secondo attentato sta sollevando ulteriori domande da parte dei membri del Parlamento americano sulle spiegazioni fornite dall’amministrazione Trump per l’uccisione di Soleimani e prove specifiche che indichino un’imminente minaccia.

Il Segretario di stato degli Stati Uniti Mike Pompeo, ha difeso la credibilità dell’intelligence affermando che era in possesso di informazioni specifiche in merito ad una minaccia imminente che comprendeva attacchi alle ambasciate statunitensi. Ma la mancanza di prove fornite al Congresso e al pubblico sta alimentando lo scettiscismo sul fatto che gli attacchi sia stati giustificati.

Per alcuni funzionari dell’amministrazione Trump, i recenti attacchi effettuati per mezzo dei droni, erano stati considerati rischiosi e possibili di avere l’effetto di incitare un conflitto più ampio con l’Iran che Trump ha sempre detto di non volere. Ma per gli alti ufficiali militari dell’esercito e dell’intelligence americana, sono significativi in quanto hanno danneggiato la capacità dell’Iran di dirigere le sue forze militari.

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Joaquin Phoenix (Commodo, Joker) attore animalista, arrestato durante manifestazione

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Joaquin Phoenix, Celebrity per aver interpretato il complesso personaggio di Joker (2019), per il quale concorre agli Oscar, nonché il “cattivo” nel Gladiatore (2004), è stato arrestato a Washington durante una manifestazione contro cambiamento climatico. Con lui erano presenti Jane Fonda (che già più volte era stata arrestata), Susan Sarandon e Martin Sheen. 

L’attore, in concorso per gli Oscar, è salito sul palco per prendere la parola contro il consumo di carne e latticini, causa prima del cambiamento climatico. Vegetariano convinto, l’attore è un attivista animalista e ambientalista, ai Globes ha recentemente chiesto (e ottenuto) che fosse servito unicamente cibo vegetariano, nella serata nella quale egli stesso ha vinto il Golden Globe 2020. Funghi e verdure, pregiato cibo…vegano. E il ringraziamento di Phoenix non si è fatto attendere: “Come prima cosa vorrei ringraziare l’Hollywood Foreign Press per aver riconosciuto il collegamento tra l’agricoltura animale e i cambiamenti climatici, è una mossa molto coraggiosa, rendere il menù di stasera a base vegetale. Non dobbiamo prendere un jet privato per o da Palm Spings tutte le volte, per piacere” poi ha ritirato il suo premio: Miglior Attore in un Film Drammatico.

La polizia americana ha confermato l’arresto di Phoenix, avvenuto secondo la legge 22-1307 del Distretto di Columbia. Il reato sarebbe quello di “affollamento, ostruzione e disturbo della quiete pubblica”, lo stesso per il quale Jane Fonda, alcuni mesi fa, per ben tre volte, è finita in galera.

 

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Grandi mostre a Pisa e a Lucca – di Cristina T. Chiochia

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Due mostre toscane per guardare al talento italiano come espressione di una cultura

Guardare al talento italiano come espressione di una cultura non è spesso di moda. Un po’ per il carico di storia che racchiude in sè, un po’ perchè le mostre nascono e muoiono con l’intento non tanto di ricostruire una certa tematica artistica, ma di mostrarla al pubblico. Il più vasto possibile. Sono invece due belle mostre, entrambe toscane, che nelle recenti vacanze natalizie hanno permesso a chi scrive di fare una riflessione: una ricostruzione dell’universo arti visive italiane nei secoli non solo è possibile, ma anche auspicabile.

Giacomo Balla Forme Grido Viva l’Italia dal sito ufficiale della mostra

Nel primo caso è la mostra “Futurismo” a Pisa, nello splendido Palazzo Blu sul lungarno visitabile sino al 9 Febbraio 2020, che vanta “una ricostruzione quasi unica dell’«universo» delle arti visive futuriste, con 100 opere esposte, divise in sezioni dedicate ai manifesti teorici pubblicati dal movimento”, come recita appunto il comunicato stampa.

La seconda è “Bernardo Bellotto 1740 Viaggio in Toscana” conclusasi il 6 Gennaio 2020, presso la Fondazione Ragghianti a Lucca, che ha illustrato uno dei temi piu’ affascinanti del vedutismo settecentesco: il viaggio di Bernardo Bellotto in Toscana e che ha ricevuto la Dichiarazione di rilevante interesse culturale da parte del Ministero dei Beni e le attivita’ culturali e del turismo italiano.

Due mostre solo apparentemente lontane perche’ segnano entrambe in epoche molto differenti, una perfetta ricostruzione dell’universo delle arti visive italiane in periodi cruciali per la sua storia.

Come un enorme puzzle, ecco quindi i Futuristi, nella bella mostra a Pisa, “le stelle più luminose della prima stagione futurista (Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini, oltre al visionario architetto Antonio Sant’Elia, che ideò città futuribili, mai realizzate ma ricche di soluzioni a dir poco profetiche) riempiono lo stesso cielo della grande astrazione geometrica immediatamente successiva, quella di Balla, che raccolse l’eredità di Boccioni (scomparso precocemente nel 1916) e Depero che riuscì a contaminare dei principi del futurismo la vita quotidiana degli anni ‘20, colonizzando moda, arredamento, arti decorative, scenografie e grafica. Un viaggio che si spinge ancora oltre, fino al culto del volo, teorizzato dal Manifesto dell’aeropittura dei primi anni ’30, firmato da un folto gruppo d’artisti, da cui scaturirono dipinti inediti”, come appunto ci ricorda la presentazione della mostra. Ma c’è di più. L’allestimento di Palazzo Blu a Pisa permette di entrare “nel cuore” del movimento futurista quasi dialogandoci, riuscendo con pochi ma perfetti accostamenti tematici, di mettere in risalto l’arte e la vita dell’Italia di quegli anni, compiendo un piccolo miracolo: far emergere l’anima del futurismo stesso e quel senso del “io no accetto” che è poi diventata l’essere “anti” tutto: anti-borghese, anticattolica e molto altro ancora, accostandola alla storia dei primi del novecento, attraverso quella spinta energica verso il progresso ed a quell’innata capacita’ di attingere alla parte sana dell’uomo, in un mondo che diventava sempre piu’ “malato” a causa delle guerre che stava vivendo.

La mostra di Palazzo Blu insomma, offre di comprendere il futurismo italiano da una prospettiva nuova: fare zoom, quasi una sorta di “focus”, su quello che era il mondo di quegli anni, in particolare in Italia senza pregiudizi, valutando solo il valore delle opere esposte.

La mostra,organizzata da Fondazione Palazzo Blu insieme con MondoMostre e curata da Ada Masoero, vanta il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Toscana e del Comune di Pisa. Inoltre il bel catalogo della mostra è edito da Skira Editore ed offre un ulteriore focus tematico.

Sempre di “focus”,sulla qualità delle opere, si puo’ parlare per la mostra di Lucca, anche se in un contesto totalmente differente: il nipote di Canaletto infatti, grazie alla sua camera ottica che era visibile nell’originale proprio nella mostra, non solo realizzo’ con le tecniche compositive dello zio suggestioni pittoriche interessanti, ma grazie alla documentazione ed i recenti studi di archivio hanno dimostrato, sviluppo’ uno stile espressivo inedito per i tempi volto a usare la prospettiva per un nuovo senso di realismo nella rappresentazione. Come recita il comunicato stampa “fulcro dell’esposizione sono le vedute di Lucca: per la prima volta il dipinto raffigurante Piazza San Martino con la cattedrale, Lucca, del City Art Museum di York (Yorkshire, Inghilterra) torna nel luogo in cui è stato eseguito, l’unico noto di Bellotto di questa città, e per la prima volta vengono esposti i cinque disegni di varie vedute di Lucca che in quest’occasione verranno staccati dall’album di Giorgio IV, parte della collezione cartografica del re, in cui vengono conservati alla British Library fin dai primi decenni dell’Ottocento. Le vedute di Lucca di Bellotto sono l’unico episodio di rilievo di questo genere nella storia artistica di questa città e una fonte documentaria di eccezionale importanza”. Da segnalare inoltre il ruolo del catalogo della mostra che offre spunti e nuovi dati sulla storia di queste opere e documentate proprio grazie alla realizzazione di questa mostra.

Concludendo quindi, queste due mostre insegnano quanto guardare al talento italiano come espressione di una cultura non è spesso di moda ma dovrebbe esserlo. Perchè una ricostruzione dell’universo arti visive italiane nei secoli non solo è possibile, ma anche auspicabile essendo spesso una ricerca di sguardi nuovi e grande capacita’ di osare. In positivo,senza pregiudizi, valutando solo la qualità delle opere esposte.

Cristina T. Chiochia

 

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Doris e i pregiudizi sul privato – di Tito Tettamanti

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La signora Doris Leuthard, consigliera federale sino al 31 dicembre 2018, ha accettato a far data dall’aprile 2020 la carica di membro del Consiglio di amministrazione della Stadler Rail di Bussnang, importante industria svizzera che fabbrica veicoli ferroviari. Immediate le critiche dei benpensanti: conflitto d’interesse, mancanza di sensibilità e così via per essersi messa a disposizione di attività economiche private.

Foto Wiki commons (WEF, Cologny) https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/deed.en

Leuthard, intelligente, ottima nella comunicazione, abile nel posizionarsi, autoritaria e determinata: in politica una vincente. Personalmente non ho condiviso molte delle sue decisioni. In virtù di una sua legge in Svizzera siamo obbligati a pagare una tassa anche se non abbiamo un televisore e ciò per finanziare l’emittente pubblica che altrimenti si dovrebbe sottoporre al giudizio del rinnovo del canone, vale a dire all’espressione di soddisfazione o meno dell’utente. Nel dibattito sull’iniziativa «No Billag» si è volutamente astenuta da un’opera di mediazione che avrebbe potuto riequilibrare parzialmente lo sbilanciamento verso sinistra della nostra televisione ed evitarci i costi di una votazione.

Con reazione emotiva (o ricerca di popolarità), nel 2011 imitando la Merkel, ha deciso l’abbandono del nucleare. Tra qualche anno constateremo la validità delle critiche alla sua politica energetica quanto a scarsità di approvvigionamento e costi. Recentemente sono state espresse riserve a proposito della sua capacità gestionale relative alla grave truffa delle autopostali. Per me ha saputo farsi sopravalutare quale consigliera federale, buon per lei.

Però gli apprezzamenti e la simpatia, la tolleranza per possibili errori, scompaiono appena la brava signora Leuthard mette a disposizione dell’economia svizzera l’esperienza e la conoscenza acquisite durante il periodo della sua carica. Avvocato della provincia argoviese, impegnata con successo in politica, in dodici anni quale consigliere federale ha visto continenti e nazioni che prima non conosceva, si è relazionata con il mondo del potere che le era sino ad allora ignoto, ha tessuto, grazie alla sua intelligenza e abilità, una rete di conoscenze tra chi conta. Non è che questo le sia stato regalato: consigliera federale non è un incarico da quaranta ore settimanali, cinque settimane di vacanza più feste comandate e ponti. In più per uno stipendio da funzionario (451.417 franchi) interessante forse per la Leuthard di allora ma una perdita secca per un industriale come Schneider-Ammann o qualunque manager o professionista affermato.

Ora, mettendosi a disposizione dell’economia privata, un ex consigliere federale fa risparmiare allo Stato 225.708,50 franchi di pensione ma, più importante, mette le cognizioni e relazioni acquisite in carica a favore dell’economia svizzera.

Peter Spuhler, anima e azionista di controllo della Stadler Rail della quale la signora Leuthard diventa consigliera d’amministrazione, nel 1989 ha ereditato una fabbrichetta con 18 dipendenti dal suocero. Oggi ha 10.500 dipendenti, è presente a livello mondiale e compete con i più grossi colossi del settore valorizzando conoscenze tecniche, iniziativa imprenditoriale e la tradizionale abilità manifatturiera svizzera. Parte dei soldi meritatamente guadagnati Peter Spuhler li ha reinvestiti con un suo socio, l’industriale svizzero Pieper, per salvare e ristrutturare la Rieter, prestigioso nome nella storia dell’industria svizzera.

Grazie alla rete internazionale di conoscenze che si è fatta la signora Leuthard, riuscirà sicuramente a dare una mano alla Stadler Rail ed all’economia svizzera: di tutto cuore auguri di buon successo e di buoni affari (anche per Lei signora). Ma resta il pregiudizio di chi considera che nel privato non si possa essere persone per bene. Moritz Leuenberger, un’icona del socialismo e della correttezza quando era consigliere federale, passato nel Consiglio di amministrazione di una grossa impresa di costruzioni svizzera, è diventato subito sospettabile di atteggiamenti conflittuali. Rimbrotto a Micheline Calmy-Rey: alla fine della sua carriera, con i risparmi suoi e del marito, si è permessa, figuratevi, di comperare un appartamento a Ginevra per più di due milioni, sicuramente in grandissima parte finanziati con ipoteche. Un grazie a Kaspar Villiger, già ministro delle finanze: è stato presidente del Consiglio d’amministrazione dell’UBS, in momenti difficili per la banca che necessitava di un garante di equilibrio e correttezza.

Ben venga quindi la messa a disposizione dell’esperienza di ex consiglieri federali a favore dell’economia svizzera. Per tanti anni abbiamo fatto loro fiducia quali governanti e possiamo pensare non abbiano perso capacità di giudizio e misura. Oltre all’avversione di molti verso le attività private, al pregiudizio ormai diffuso per il quale il pubblico è bene perché non ricerca il profitto, non è che queste forme di ottuso puritanesimo nascondano un sentimento molto diffuso nei confronti del successo: l’invidia?

Tito Tettamanti

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata

 

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Pura – Un’ospite d’eccezione venuta da San Pietroburgo

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L’ultimo ricevimento dato da Arminio Sciolli nell’antica casa Crivelli di Pura era stato allestito all’ingrande: non meno di sessanta ospiti avevano visitato in lungo e in largo le stanze piene d’arte, antica e moderna, della residenza.

Venerdì scorso un nuovo invito, assai più ristretto. Solo dodici i coperti sulla lunga tavola illuminata (Arminio ama il dîner aux chandelles, ci si vede poco ma la fascinazione è grande). Ad accogliere l’illustre ospite venuta dalla meravigliosa e giovane città fondata dallo zar Pietro il Grande nel 1703 il padre di Arminio, ambasciatore Bernardino Sciolli.

Le informazioni essenziali sulla serata, gli antefatti e i progetti ce le dà lo stesso padrone di casa.

* * *

Francesco De Maria  Chi è l’ospite d’onore della serata? 

Arminio Sciolli  La senatrice russa Lyudmila Narusova vedova del primo Sindaco di San Pietroburgo Anatoly Sobchak

So che ha una figlia molto conosciuta…

Xenia Sobchak è stata candidata alla presidenza russa ed è una celeberrima conduttrice di programmi televisivi.

Perché la senatrice Narusova è venuta a Pura?

È venuta a Pura per ripercorrere le tracce del marito che aveva inaugurato nel 1994 la mostra su Domenico Trezzini al Museo Cantonale e sulle maestranze malcantonesi al Museo del Malcantone di Curio. In quella occasione si era fermato a Pura per un aperitivo offerto dall`ambasciatore Dino Sciolli, membro del comitato d’onore e discendente di diversi architetti attivi in Russia e a San pietroburgo dal XVIII secolo.

Wolfgang Kleimann, che aveva offerto rifugio al prof. Sobchak nel 1999, ha organizzato la visita di Lyudmila Narusova venuta anche per onorare il compleanno dell’imprenditore tedesco che aveva sponsorizzato la ricostruzione della stanza d’ambra nella residenza degli zar a Peterhof, distrutta durante la Seconda Guerra mondiale

Nel 1994 la visita del Sindaco pietroburghese era stata seguita dal fotografo Gonnella che aveva realizzato uno straordinario servizio il giorno della visita in Malcantone, terra di origine di Trezzini e della maggioranza di architetti “italiani” che hanno fondato ed edificato San Pietroburgo dal 1703. Sobchak aveva anche lasciato una tenera dedica accanto alla quale la sua vedova, 26 anni dopo, ha apposto un nuovo messaggio di alleanza col popolo malcantonese.

Di che cosa ha parlato la senatrice con l’ambasciatore Sciolli?

Della storia dei Trezzini, dei Ruggia e degli Sciolli a San Pietroburgo e in Russia, dei suoi incontri con il indaco Sobchak in Ticino e in Russia, e delle testimonianze “russe” a Pura, in particolare la chiesuola all`entrata del paese edificata dall’architetto dello Zar Marco Ruggia in forma di croce ortodossa e secondo lo stile barocco pietropolita, delle monete russe (5 copechi del 1792), delle foto realizzate negli studi di Nevsky Prospekt e le lapidi delle tombe di famiglia che ricordano i parenti architetti morti in Russia.

Che progetti ha con Lyudmila Narusova?

La senatrice Narusova sta organizzando la donazione di una grande tela dell’artista cinese Wang Yigang al Museo dell’Hermitage e seguirà da vicino le mostre in Russia dell’artista di Maggia Stephan Spicher (sua moglie Tanya è pietroburghese) e in Ticino di Oksana Mas, artista di Odessa che sta realizzando il dono ufficiale del Presidente della Federazione Russa al Capo di Stato degli Emirati Arabi Uniti in occasione della giornata russa il 4 dicembre 2020 all’EXPO di Dubai.

Foto di re Hussein di Giordania, con dedica autografa all’ambasciatore




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Il referendum comunale è riuscito. Domani alle 11.15 saranno consegnate le firme

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PS-Verdi-PC comunicano la riuscita del referendum comunale aeroporto e il deposito di una mozione per ricollocare il personale

* * *

(red) Siamo lieti che si vada alle urne perché solo il voto popolare può dare un esito soddisfacente a questa tormentata vicenda. Se i fautori della ricapitalizzazione vinceranno, non ci sarà più da discutere. Vox populi vox Dei.

* * *

(com) Le firme per la riuscita del referendum comunale necessarie per indire la votazione popolare sul credito per l’aeroporto di Lugano-Agno sono ampiamente state raggiunte in particolare grazie alle giornate di raccolta del 10 e 11 gennaio. Il numero esatto sarà reso noto domani in quanto vi sono ancora dei rientri oggi. PS-Verdi-PC ringraziano tutte le persone che hanno contribuito in modo attivo alla riuscita del referendum.

La consegna del referendum avverrà a Palazzo Civico a Lugano lunedì 13 gennaio alle ore 11.15.

Raoul Ghisletta, presidente PS Lugano

Nicola Schönenberger, responsabile Verdi Lugano

Edoardo Cappelletti, incaricato PC Lugano

* * *

MOZIONE

Per un piano di ricollocamento di tutto il personale senza lavoro o in esubero all’aeroporto di Lugano-Agno

del 12 gennaio 2020

Con la presente mozione chiediamo al Municipio di Lugano di presentare un messaggio per un piano di ricollocamento destinato a tutto il personale in esubero e a tutte le persone lasciate senza lavoro dalle aziende attive all’aeroporto di Lugano-Agno (LASA e aziende private) a seguito della crisi scatenata dall’abbandono dei voli di linea e dalle delocalizzazioni.

Hanno diritto al piano di ricollocamento le persone impiegate da LASA e da aziende private attive a Lugano-Agno, che erano alle loro dipendenze fino al 30.9.19.

Alla luce di quanto precede chiediamo di voler risolvere:

  1. La mozione è accolta
  2. Il Municipio è incaricato del seguito della procedura.

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Il Duomo di Milano, un cantiere senza fine – Intervista ad Achille Colombo Clerici

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Sabato prossimo RAIuno visitera’ il Duomo di Milano, salendo sul tetto e tra le guglie, con Alberto Angela accompagnato dall’étoile, il ballerino Roberto Bolle.

Foto Pixabay

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Intervista flash al presidente di Assoedilizia e di Amici di Milano Achille Colombo Clerici

Può fornirci qualche dato storico e tecnico?

Il Duomo di Milano, monumento simbolo del capoluogo lombardo per superficie è la quarta chiesa d’Europa, dopo San Pietro in Vaticano, Saint Paul’s a Londra e la cattedrale di Siviglia. Con 11.700 m² di superficie in pianta e 440.000 m³ di volume è la chiesa più grande d’Italia.

Gianantonio Borgonovo, Arciprete del Duomo di Milano con Armando Torno e Achille Colombo Clerici

La costruzione inizio’ nel 1386, ma le ultime guglie e decorazioni architettoniche vennero realizzate nel XIX secolo. Le porte in legno vennero sostituite dalle attuali in bronzo addirittura nel dopoguerra.

In totale il Duomo conta 3400 statue, di cui 2300 esterne, innumerevoli altorilievi, 96 giganti sui doccioni, 135 guglie tra cui il Guglione ( la guglia maggiore) che regge la statua della Madonnina a 108,50 metri dal suolo.

Negli anni ’60 l’inquinamento atmosferico, l’abbassamento della falda freatica e le vibrazioni del traffico della vicina linea della metropolitana, unite al degrado naturale dei materiali e ad alcuni errori nella costruzione, portarono a una grave situazione di rischio, che minò seriamente la stabilità dei quattro pilastri che reggono il tiburio. Il restauro statico venne concluso nel 1986 in occasione del seicentenario della costruzione.

Ancor oggi la manutenzione della cattedrale è affidata alla Veneranda fabbrica del Duomo i cui interventi sono continui tanto da far nascere l’espressione milanese “Longh comm la fabrica del Domm”, per significare qualcosa di interminabile.

In che cosa sono consistiti i restauri del Guglione e delle altre guglie?

Le guglie sono soggette ad un fenomeno di lenta, ma progressiva obsolescenza: il marmo di Candoglia, un carbonato di calcio delicatissimo, si consuma per l’inquinamento, e per l’escursione termica di oltre 70 gradi. Il degrado è particolarmente sensibile sulla Guglia Maggiore.

La Fabbrica non “restaura” propriamente: sostituisce intere parti del Duomo, tanto che all’esterno, si dice, non ci sia più nulla di “originale”. La bravura della Fabbrica è di avere maestranze capaci di riprodurre fedelmente ogni dettaglio, statua, ornato. In un certo senso è ancora un cantiere medioevale in epoca moderna.

Qualche anno fa per i lavori di restauro del Guglione venne usata una gigantesca gru. Qual era la sua funzione e quali sono i dettagli della struttura?

La gigantesca gru e’ stata di per se stessa un intervento straordinario: lunga 160 metri, è una delle più imponenti macchine di questo tipo disponibili in Italia. Anche nei lavori del passato non ci sono stati macchinari di tale rilevanza: l’anno precedente era stata usata un’altra gru alta “appena” 106 metri.

Tutto ciò è giustificato dagli spostamenti (“tiri” come li chiamano in cantiere) di materiali (in particolari ornati e lastre di marmo di Candoglia) che devono essere portati sulla Guglia maggiore.

 

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Il Presidente della Repubblica Mattarella è arrivato a Parma, Città della Cultura 2020 [VIDEO]

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Il Presidente appare esile, d’altezza modesta, di temperamento mite. Saluta appena, poi si dirige verso il Teatro, senza mai voltarsi indietro, verso quella folla, quasi modica, che lo accoglie festante con bandierine tricolori, ma dalla quale si leva anche qualche grido di protesta. Implacato odio “alla casta” d’un popolo che non sa d’esser se stesso. 

Ogni anno l’Italia designa una Capitale Italiana della Cultura, che possa ampliare e mostrare al meglio il proprio sviluppo culturale. Dopo Mantova, vincitrice dell’anno 2019, è l’anno di Parma, Capitale della Cultura per il 2020. Una cifra bell’e tonda, che dà alla città l’opportunità di mostrare le proprie grazie.

Oggi, 12 gennaio 2020, dopo l’inaugurazione del giorno precedente, avvenuta con corteo, sfilata, bande e majorette, è arrivato il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella.

Giunto al Teatro Regio (Via Garibaldi blindatissima), in auto blu presidenziale, ha trovato ad accoglierlo una folla festante con bandierine tricolori, anche se non è mancata qualche voce di protesta che si è alzata dal coro.

Il Presidente ha poi inaugurato l’anno della Cultura di Parma, con un discorso dal Palco del Teatro Regio. Nel medesimo teatro, poi, dal Palco Ducale, ha assistito alla prima della Turandot. L’Opera ha inaugurato la stagione culturale di Parma.

Il Presidente ha detto che “La cultura definisce il segno distintivo di ogni comunità ed è tutt’altro che una condizione statica, immobile, inerte. Perché si nutre di confronto, si sviluppa nel dialogo e nelle relazioni” e ha poi aggiunto che la cultura appare “più ricca quando si apre alla conoscenza e al rispetto delle differenze”, citando poi Stendhal, l’autore del celebre romanzo “la Certosa di Parma” (storico sì, ma totalmente inventato, se pur ispirato a personaggi più rinascimentali che del bel ducato ottocentesco di Maria Luisa). dicendo che le gioie degli italiani “sono più vive e durano più lungamente”.

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“Foto del giorno” per Niccolò Salvioni

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Secondo voci attendibili raccolte da Ticino Today il municipale PLR di Locarno Niccolò Salvioni non sarà candidato alle prossime elezioni comunali (5 aprile).

Nella foto Ticinolive Salvioni è ritratto con il figlio Edoardo, “artista pittore in fase evolutiva”.

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“Disonestà intellettuale” (il caso Azzolina) – Pensiero del giorno

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Pixabay, immagine di repertorio

“Purtroppo questi fatti si moltiplicano. Chiaramente l’Italia non é l’unico paese europeo in cui alcuni ministri vengono “pizzicati” a copiare la tesi da documenti scientifici (senza citare le fonti). E’ capitato anche in Germania tempo fa. La differenza è che la signora tedesca beccata con le dita nella marmellata si dimise senza discutere. L’elegantemente vestita signora ministro Azzolina (dell’Istruzione!) contrattacca perdendo l’occasione di tenere la bocca chiusa.”

professor Francesco Russo, Parigi

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Che cosa è successo? Leggere qui

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Addio allo storico Giampaolo Pansa | Ci ha insegnato che la Storia non è “dogma”

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Storico e giornalista, Giampaolo Pansa si è spento a Roma all’età di 84 anni. Assistito dalla moglie, la scrittrice Adele Grisendi, era stato toccato dal lutto nel 2016 del figlio Alessandro, ex amministratore delegato di Finmeccanica, morto a 55 anni. Un dolore dal quale lo scrittore non si era mai ripreso.

Piemontese, nato a Casale Monferrato, si era sempre distinto per ricerche storiche personali, formulate da un pensiero personale, portato avanti distintamente, anche quando si era trovato nella difficile situazione di essere controcorrente. Allievo di Alessandro Galante Garrone, esordì nel giornalismo con La Stampa, passando da Repubblica a l’Espresso (con il quale entrò in contrasto con la linea editoriale), collaborando poi dal Giorno, al Messaggero, al Corriere della Sera, al Libero, Il Post Internazionale e Panorama.

Gli era costata l’accusa di “revisionismo storico” l’aver indagato i crimini dei partigiani compiuti dopo il ’45, nel libro Il Sangue dei Vinti, (2003) poiché la Storia è Storia, ma se la si vede come plurima forma di consistenti e sussistenti polisemiche verità, per alcuni non è più storia ma soltanto politica e, come tale, ecco che accende la scintilla per dibattiti e polemiche.

Autore di innumerevoli saggi, pamphlet, indagini su “la guerra sporca” di partigiani e fascisti, sulla guerra civile italiana, sulla tragica situazione storico-politico-socio economica in cui l’Italia – e volenti o nolenti non lo si può negare – ha sempre versato dalla Prima Guerra Mondiale, al secondo Dopo Guerra. Indagatore serrato e dinamico di Destra e di Sinistra, Giampaolo PAnsa lascia un incolmabile vuoto nel panorama culturale italiano, in termini di cultura. E di dibattiti.

Giampaolo Pansa ci ha senza dubbio insegnato che la Storia tratta di eventi e di fatti, non di verità dogmatiche fideistiche,  poiché in quanto Storia, tratta di uomini e non di dei.

 

 

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Se gli USA “aiutano” gli iraniani modernisti per un nuovo Reza Pahlavi contro gli eredi di Komeini

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Il 16 gennaio del 1979 l’Ayatollah Ruhollah Komeini instaurò in Iran il regime islamista integralista, imponendo il velo integrale alle donne e facendo ripiombare quello che negli anni ’70 era stato, con lo Scià Reza Pahlavi uno dei più moderni Stati del mondo, nel buio e tetro medioevo islamico, in cui versa tutt’ora.

Oggi, dopo l’uccisione del generale Solemaini da parte di un drone americano, gli studenti dell’università di Teheran protestano. Ma non bruciano le bandiere americane o israeliane. Anzi. In un video girato dagli studenti presso il campus dell’Università Shahid Beheshti della capitale della Repubblica Islamica, si vede chiaramente come i giovani evitano apertamente di camminare sulle bandiere di Stati Uniti e di Israele, (disegnate per terra  affinché venissero calpestate dai protestanti), per evitare di calpestarle. Un’aperta sfida agli Ayatollah Komeinisti?

Si spera, forse. Quel che si può auspicare è che l’Iran torni un paese libero e moderno, come lo era prima, nei tempi d’oro (e filo atlantici) dello Scià.

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L’Epoca dei Due Papi, la Nostra | Benedetto XVI contro Francesco sul celibato dei sacerdoti

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L’Epoca dei due Papi, non un secolo d’eresie paleocristiane o un episodio della Lotta per le Investiture del Medioevo, ma la Nostra.

Un confronto (o meglio uno scontro), tra l’antico e il nuovo, tra il conservatorismo e il riformismo, tra il mantenere e il distruggere. Il Papa Emerito, Benedetto XVI, alla proposta di Papa Francesco, di ordinare sacerdoti uomini sposati, non ci sta. In un libro scritto assieme al Cardinale Sarah, spiega che “il celibato è un criterio indispensabile per il ministero sacerdotale”, e torna così a far parlare di se’.

Il volume di 125 pagine uscirà in Francia nei prossimi giorni e presto sarà tradotto in tutte le lingue. Nella prefazione e nella conclusione, firmata assieme dal Papa Emerito e dal Cardinale, si constata la necessità di mantenere in vigore il magistero del Concilio e dei papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sul celibato sacerdotale.

“C’è un legame ontologico-sacramentale tra celibato e sacerdozio” scrive infatti Sarah, poiché la possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati, porterebbe a “una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio”.

Di qui la” supplica” del Papa Emerito Benedetto XVI e del cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, a papa Francesco di porre “il veto a qualsiasi indebolimento della legge sul celibato sacerdotale.”

Il chiaro riferimento è al Sinodo sull’Amazzonia, ma anche alla possibile estensione che tale legge possibilista, una volta approvata, potrebbe avere, comprendendo anche le altre realtà.

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Trentotto Trentotto (3838) – Consegnate le firme del Referendum luganese

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Alle 11.00 non c’era ancora in giro nessuno. Aspettiamo. Alle 11.11 arrivano, in piccolo gruppo, tranquilli, composti, con qualche striscione. Socialisti, verdi, comunisti.

Ce l’hanno fatta, hanno raccolto 3838 firme. “Non è stata una passeggiata” mi dice Raoul Ghisletta. “Il numero effettivo sarà un po’ più basso, perché ci sarà qualche doppione o qualche firma non valida. 3000 firme è un’esigenza molto alta”.

Abbiamo approfittato dell’occasione per scambiare qualche battuta con Ghisletta. Poiché non si tratta minimamente di “segreti di stato” ci sentiamo autorizzati a riferirne.

“Qual è la sua previsione sull’esito del voto?”

“I fautori dell’aeroporto a ogni costo potrebbero anche farcela. Lo vedo come un ultimo tentativo per allungare i tempi, alla fin fine destinato a fallire”.

“Possono vincere, veramente?”

“Beh, non è sicuro. Ho raccolto molte firme e ho parlato con moltissimi cittadini. Tenga presente che ci sono delle persone che dicono: Lugano deve avere l’aeroporto (con voli di linea) perché sennò è una città di serie B.”

“E il referendum cantonale?”

“Quello è segnato. I referendisti vincono”.

“Ma allora? Se il contributo del Cantone svanisce, mancheranno vari milioni”.

“In tal caso, se il municipio (in concreto: la Lega, ndR) vince, dovrà presentare un nuovo messaggio, con esigenze più modeste.”

“Quali saranno i fattori determinanti per la vittoria a Lugano?”

“Gli argomenti portati in campagna elettorale, il realismo, la razionalità. Parlo per il nostro campo. In ogni caso sarà un valido esercizio di democrazia diretta.”

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La nostra personale opinione è che l’esito della votazione sia aperto. Potrebbe vincere il Sì come il No. Molto dipenderà dall’abilità e dalla tenacia dei contendenti.

Il braccio di ferro su Lugano Airport si intreccerà fatalmente con le Comunali 2020. Ma si voterà dopo il 5 aprile; forse a maggio.

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Massima pressione di Trump sulle manifestazioni a Teheran

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l’Iran si trova oggi ad affrontare le più serie proteste del popolo dalla rivoluzione islamica avvenuta nel 1979. “Ci dicono la bugia che è l’America, ma il nostro nemico è proprio qui”, affermano i manifestanti, soprattutto quelli appartenenti ai movimenti studenteschi.

Già a novembre manifestanti iraniani si erano radunati contro le autorità per l’improvviso e consistente aumento dei prezzi del carburante. Una espressione di rabbia che è stata accolta dal presidente statunitense Trump come prova del successo dopo aver deciso a maggio del 2018 di uscire dall’accordo nucleare ritenendolo imperfetto. Slogan ancora più forti contro il regime iraniano vengono intonati in questi giorni dopo aver appreso la notizia dell’abbattimento dell’aereo civile della Ucraina Airlines da parte delle forze di sicurezza islamiche.

Il regime iraniano ha ammesso, dopo averlo negato con forza per giorni, che le sue forze armate avevano abbattuto involontariamente con un missile l’aereo ucraino. Un episodio che potrebbe avere una vasta portata per la credibilità interna e per la posizione del regime. Molte famiglie in Iran hanno subito un colpo devastante. Oltre alle vite perse, innumerevoli altre vite sono state inevitabilmente danneggiate. L’ammissione di responsabilità sarebbe dovuta arrivare prima. Lo stesso giorno dell’incidente sono emersi video e prove che smentivano la frettolosa affermazione sostenuta dai portavoce e diplomativi iraniani di dare la colpa ai problemi meccanici. Le circostanze indicavano chiaramente che l’aereo di linea era stato colpito da un missile terra-aria.

La tendenza iniziale è stata quella di insabbiare la colpevolezza dell’Iran che non poteva essere nascosta. La decisione del presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, di esprimere un profondo rimpianto per l’errore umano è inquinata dunque dal ritardo nel farlo e dettata dal fatto che l’Iran alla fine non aveva altra scelta.

Le dimostrazioni si sono diffuse in tutto il paese già accusato dai gruppi per i diritti umani di reprimere le proteste con forza bruta. Quell’unità popolare per l’assassinio del generale Soleimani sembra ora essere andata in frantumi. L’abbattimento dell’aero ucraino suggerisce la mancanza di competenza militare da parte del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche che hanno lanciato il missile fatale. L’aereo ucraino ha avuto incredibilmente l’autorizzazione al decollo in uno spazio aereo poche ore dopo l’attacco balistico da parte dell’Iran alle basi aeree irachene che ospitano truppe statunitensi e le forze islamiche stavano aspettando con nervosismo, dopo un ciclo di ritorsioni, la violenta risposta americana che avrebbe potuto colpirli duramente. I militari iraniani non sono riusciti a distinguere sul radar un grande aereo di linea da un missile nemico. O forse era stato scambiato per un grande aereo militare americano.

La reputazione dell’Iran per l’abilità militare è stata danneggiata. Trump e i suoi sostenitori preferiscono ora concentrarsi sulla questione dell’aereo abbattuto, il più piccolo e il più conveniente argomento. “Il Consigliere per la sicurezza nazionale suggerisce che le sanzioni e le proteste stanno soffocando l’Iran costringendolo a negoziare”, ha twittato Trump domenica mostrando tutta la solidarietà per i manifestanti. “Non uccidere i tuoi manifestanti”, ha scritto Trump usando i disordini per intensificare la pressione sulla Repubblica islamica. In precedenza ha avvertito il governo iraniano che il “mondo sta guardando” e rivolgendosi al popolo iraniano in lingua persiana ha detto “sono stato con voi dall’inizio della mia presidenza e la mia amministrazione continuerà a stare dalla vostra parte”.

La campagna di massima pressione sta forse avendo i suoi effetti. Testimoni e filmati che circolano sui social, confermano che la polizia iraniana ha sparato alle persone che partecipavano alle manifestazioni a Teheran a causa dell’aereo abbattuto. Hanno prima sparato dei lacrimogeni per disperdere la folla e poi hanno iniziato a sparare proiettili ferendo diverse persone. Diversi furgoni militari di sicurezza sono stati visti dirigersi contro i manifestanti che marciavano lungo le strade cantando inni rivoluzionari come “Morte al dittatore” e sfidando le guardie rivoluzionarie islamiche con scritte “Siete il nostro Isis”.

Le vivaci recenti proteste minacciano di rovesciare il regime iraniano proprio mentre stavano guidando un’ondata di sentimento nazionalista a seguito dell’uccisione del generale Soleimani. L’abbattimento dell’aereo civile, che trasportava molti cittadini iraniani, ha umiliato i militari ed esposto alcuni principali leader a mentire al paese fino all’ammissione fatta sabato mattina.

L’Iran soffre di enormi stress umani ed economici. Questo potrebbe essere il momento giusto per tornare al dialogo e non cercare di sfruttare l’incidente aereo per incoraggiare una guerra di logoramento. Nei prossimi giorni assisteremo senz’altro a dichiarazioni iraniane che parleranno della tragedia come risultato dell’avventurismo americano che intensifica la provocazione e il confronto fino al punto di estrema tensione.

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Brenno is back! (a volte ritornano…) – Intervista a un ex sindaco che scende battagliero in campo

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Mi aspettavo la candidatura sulla lista UDC-Lega di Brenno Martignoni, che fu due volte sindaco della Capitale, prima per il PLR e poi per “il Noce”. Ma, naturalmente, dovevo attendere che la notizia divenisse ufficiale.

Non ci conosciamo profondamente ma devo confessare che Brenno mi piace: per la sua indipendenza di giudizio, per il suo anticonformismo, per la sua poca voglia… di obbedire.

L’occasione di fargli una scoppiettante intervista non me la sono lasciata scappare.

* * *

Francesco De Maria  Lei è già stato sindaco della capitale per due legislature. Che cosa la spinge a scendere nuovamente in campo?

Brenno Martignoni  La “sacra fiamma”. Quello spirito di servizio che mi ha sempre spinto a mettermi a disposizione attivamente e con passione della collettività.

Che cosa ricorda di quegli anni?

Le importanti svolte nelle rigide logiche partitiche che cominciavano a fare acqua di fronte a inarrestabili spinte popolari che chiedevano di dare anzitutto spazio alle persone e alle loro idee, piuttosto che alle compagini politiche precostituite.

Come è nato e come si è sviluppato il suo conflitto con il PLR ?

Si inserisce nel processo sopra descritto. Il Partito, fino a quel momento, aveva sempre disposto in Città. I suoi organismi direttivi non hanno saputo accettare l’elezione del suo candidato non ufficiale a Sindaco.

Pensa di avere sbagliato qualcosa?

È chiaro che se mi fossi supinamente sottomesso ai voleri degli allora dirigenti partitici, non avrei avuto il percorso pubblico che ne è poi seguito. Di principio, guardo sempre e solo avanti, traendo insegnamento dal passato.

Come mai Bellinzona, tuttora a maggioranza PLR, ha un sindaco socialista?

Perché nel 2012, tutti gli schieramenti si erano imposti di perseguire il solo obiettivo di cambiare il Sindaco. Il PLR non aveva il candidato alternativo. Ha così preferito appoggiare quello socialista, pur di escludere IL NOCE. E così è stato.

Lei è ancora, in qualche forma, liberale o è diventato populista?

Se risalgo ai miei debutti giovanili in GLRT, ritrovo i modi e le idee che porto avanti tuttora. Una politica aperta, equilibrata verso le diverse sensibilità liberali e sociali.

Un liberale può correre per l’UDC?

Nella misura in cui ne condivide i princìpi e li fa propri sul fronte, certamente.

Un UDC può essere liberale?

“I migliori UDC sono tutti ex liberali.” Me lo disse tempo fa un ex collega confederato, ora anche lui UDC (SVP).

Il suo movimento, IL NOCE, esiste ancora?

Il Noce, albero, quello in piazza davanti al Municipio, è vivo e vegeto e sta lì dov’è! Il Movimento, libero e indipendentista IL NOCE, invece, molto radicato sul territorio fin dalla sua costituzione, ha trovato il suo sbocco naturale nell’Unione democratica di centro. L’unico partito che si batte con tenacia per la sovranità e l’indipendenza del nostro Paese.

Mai come ora anche Bellinzona ha bisogno di presidiare le sue mura. Di difendere con intelligenza le sue conquiste. Riaffermando le sue vocazioni a misura di cittadino e le sue sensibilità rivolte a una socialità amica. Non a caso la gente nel 2001 ha bocciato la vendita delle AMB e la rivolta delle Officine del 2008 è fieramente partita dal cuore della Capitale!

Religiosi e laici in buona armonia. Con il vescovo Pier Giacomo Grampa e l’arciprete Pierangelo Regazzi

Pregi e difetti, forza e debolezza della nuova Bellinzona. La ascolto.

È stata un’operazione a tavolino. I territori aggregati, facenti capo per lo più a reggenze PLR, voleva dimostrare di essere in grado di realizzare il progetto in breve tempo. Per alcuni Comuni (ora Quartieri), era effettivamente una necessità. Per altri, invece, dove era ancora possibile formare Municipi e Consigli comunali è stata una accelerazione imposta.

Il rovescio della medaglia, troppo poco evocato sinora, è la “deriva” dei Comuni aggregati, trasformati in quartieri, con potenziali perdite di specificità e capillarità territoriali. Già solo per la drastica riduzione di Municipali e Consiglieri comunali con contestuali ripercussioni su servizi e territorio. La nuova Bellinzona deve essere sinonimo di miglioramenti tangibili, non già conclamare crescite numeriche, per dimostrare semplicemente di essere più grandi. La quantità non deve andare a scapito della qualità.

Le future officine a Castione: una decisione delle FFS, del Cantone, della Città. Giusta o sbagliata?

Non condivido la scelta. È stato fatto rientrare dalla finestra quello che le Ferrovie non erano riuscite a far passare dalla porta. La lotta degli operai, scesi in sciopero, e della Svizzera italiana intera, con una protesta nazionale, avrebbe meritato ben altro epilogo. Questa prospettiva ha tradito le maestranze e la popolazione. Senza ancora conoscere quali attività verranno svolte a Castione, già sembra ci si stia spartendo il comparto dell’attuale Officina. Fa pensare a qualcosa di premeditato. Il sito produttivo avrebbe dovuto essere rilanciato con nuovi contenuti, non necessariamente legati al traffico ferroviario. Come lo sviluppo e la fabbricazione di autobus a metano da immettere sui nostri mercati, sull’esempio del Sud della Spagna.

La recente elezione al Consiglio degli Stati ha avuto un esito sorprendente (o scioccante). La pressione degli “estremi” (termine che disapprovo) ha fatto scoppiare il “centro”. Il declino dei cosiddetti Partiti Borghesi è inarrestabile?

Direi piuttosto che le operazioni opportunistiche prive di condivisioni di contenuto non trovano automaticamente l’appoggio popolare.

Che cosa pensa della personalità e della vittoria di Marco Chiesa?

È stato un chiaro segnale a favore dello stare tra la gente e della vocazione vincente della politica a misura di cittadino.

Guardiamo per un momento verso sud. Un giovane politico, che poteva anche diventare sindaco, improvvisamente ha deciso di lasciare. Una decisione avventata, bizzarra?

Non conosco le ragioni profonde della rinuncia. Per esperienza, so che arriva un momento in cui non è più possibile convivere con forze che continuano a remarti contro. Specie, se sono del tuo colore.

I Verdi, dopo la travolgente vittoria, pretendevano il seggio in Consiglio Federale, ma sono rimasti con un pugno di mosche. Cassis si è salvato abbastanza facilmente. I Verdi, in Svizzera, cresceranno ancora?

Le stagioni politiche sono impenetrabili. Solo il tempo ci dirà se il cambiamento è veramente epocale, come sostengono alcuni osservatori.

La “svolta” di Petra Gössi riuscirà a convogliare sul PLR la prorompente “voglia di verde” che pervade l’Elvezia?

Non credo. Il profilo del PLR non diventa più attrattivo, con semplici proclami estemporanei della sua presidenza.

A proposito di Cassis, come valuta la sua gestione del rapporto con l’Unione europea?

Non ho ancora visto finora ferma determinazione. Parafrasando Niccolò Machiavelli, è chiaro che gli uomini si devono o vezzeggiare o spegnere, le vie di mezzo sono sempre pericolose.

La Svizzera a breve (diciamo entro uno o due anni) firmerà il cosiddetto Accordo quadro?

Non sia mai, per carità! Sarebbe una mossa imperdonabile.

Finiamo con l’essenziale. Con quale probabilità l’UDC bellinzonese conquisterà un seggio in municipio?

La votazione per il municipio segue le logiche del sistema proporzionale. La grande sfida consiste nel fare quoziente, ottenendo quanti più voti di scheda possibili.

E, se fosse lei l’eletto, che cosa dirà al sindaco Branda (tutti dicono che sarà lui)?

Eccomi qui. #Brennoisback!

Esclusiva di Ticinolive

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Giappone e Corea, perché ancora nemici? – di Vittorio Volpi

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Pyongyang – Foto Pixabay

Nell’aprile 1989 ero a Pyongyang, capitale della Corea del Nord. Solo, ma accompagnato da degli angeli custodi.  A loro avevo chiesto,  fra tante cose,  di andare a teatro, se ci fosse stato qualche spettacolo. Mi trovarono un posto per vedere il dramma “La ragazza dei fiori”, ovviamente il testo e le musiche “scritte” dal monarca rosso Kim Il Sung. Ebbi due sorprese: ero l’unico straniero fra due mila donne (in hanbok il  costume tradizionale) che si asciugarono le lacrime per due ore. Il dramma-storico era molto tragico,  crudele e commovente.

La seconda sorpresa fu che  che compresi che il  vero nemico dei coreani non erano gli USA come si poteva immaginare,  bensì il Giappone. Pensavo  che non essendo il Giappone coinvolto nella tragica guerra civile (1950-1953), il terribile periodo coloniale giapponese fosse ormai metabolizzato e dimenticato.

E invece no! Ultimamente l’inimicizia Nippo-Coreana è esplosa in forma virale con conseguenze negative nella collaborazione economico-politica-culturale e Dio sa come finirà.

Sembrava tutto finito nel 1998. In ottobre il Premier Kim Dae-jung,  poi premio Nobel, si era recato  a Tokyo dove con il Primo Ministro Keizo Obuchi (conservatore) aveva firmato  un accordo che chiudeva per sempre i conti con il passato;  perlomeno, avrebbe dovuto archiviare un capitolo della storia.

Kim dichiarò che “meno di 50 anni di problemi fra i due paesi non potevano annullare una storia di 1500 anni di collaborazioni e scambi”. Obuchi invece sostenne  che il Giappone sentiva un “profondo rimorso e che offriva le scuse dal profondo del cuore”.

L’accordo scongelò i blocchi, soprattutto verso i giapponesi. Film nipponici poterono essere proiettati in Corea ed il turismo fece un boom. A controprova, insieme i due paesi ospitarono la Coppa del Mondo di calcio. Sembrava quindi tutto rientrato, ma non fu così.

La scintilla che riaprì le ostilità è recente.

Un tribunale coreano ha condannato aziende giapponesi presenti nel periodo coloniale (1910-1945) a pagare danni pesanti. Il tutto in contrasto con gli accordi del  1968 del 1998 e del 2015 con i quali la Corea aveva accettato e chiuso con i contenziosi del passato.

Il Presidente Moon Jae-in non è intervenuto sul grave problema perche’ spesso accusato dai media di essere  un pro-Giappone. Non altrettanto pero’ da parte giapponese.

Il Premier giapponese Shinzo Abe  ha replicato con una misura pesante:  una proibizione di export control che vietava l’esportazione verso il “paese della calma del mattino” di prodotti chimici preziosi per l’industria dei semiconduttori coreana.

E come  contro rappresaglia a Seoul hanno  stracciato  un trattato sulla condivisione di “intelligence” fra i due paesi e hanno disposto  uno stanziamento di 6,5 miliardi di dollari per creare aziende chimiche per un “made in Korea” . Per eliminare la dipendenza  dalle aziende giapponesi.

Tutto ciò aveva senso a 74 anni dalla fine della guerra mondiale? Eppure il Giappone aveva, ha, rapporti fluidi con paesi occupati colonialmente   come Indonesia, Taiwan, Filippine, etc. Il problema questa volta e’ stato  frutto dei media.

Sorprendentemente è apparso all’orizzonte il suo potere.  Una casa produttrice di moda, la Marymont ha lanciato  sul mercato un prodotto, delle borse per cominciare, ingaggiando una popstar (Bae Su-ji) con un  logo che ricordava le “confort women”. Queste furono le  “schiave del sesso” coreane sfruttate  per soddisfare i militari giapponesi. Da anni il problema latente era dibattuto con il Giappone che aveva stanziato fondi e  si era scusato  più volte.

La Marymont nel 2015-2017 ha accresciuto il suo fatturato di ben 5 volte… riversando  fondi per i movimenti che rivendicavano compensi a favore delle anziane signore ancora in vita. La grande sorpresa è che da nessuna parte al mondo  i nipoti lottano per le nonne. I prodotti Marymont sono destinati ai  giovani teenagers coreani che non hanno vissuto e nulla sanno della guerra.

Perché questo fenomeno?  Secondo lo storico Bruce Cuming, i giapponesi hanno gestito il periodo coloniale “con dei coreani”. Cio’ ha creato  una frattura sociale che dopo la guerra civile (1950-1953) è continuata con i “Chabebol”, i conglomerati potenti del Paese.

I cui leaders  non vennero scelti con meritocrazia.  Quindi i giovani ritengono che i conti con il passato non siano chiusi. Gli accordi del 1968 con il “tiranno” Park Chung Hee e quelli con sua figlia, Premier Park Geun Hye nel 2015, sono considerati privi di consenso popolare e quindi illegittimi.  Di conseguenza il contenzioso con i giapponesi non e’ chiuso…

È presumibile quindi che le cose non siano  destinate a migliorare presto.  Cosa grave  e’ che  Corea e Giappone sono i migliori alleati degli USA, in una zona geografica calda. E la marea di disappunto e’ ora da tutte e due le parti.

I sondaggi dicono che mentre in passato le impressioni negative coreane ( verso i giapponesi)  superavano quelle giapponesi (verso i coreani), ora non è più così. I giapponesi non sono contenti che  a Seoul riaprano  il vaso di Pandora sulle storia del secolo scorso (dove loro sono gli incriminati).

Vittorio Volpi

 

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