Quantcast
Channel: Ticinolive
Viewing all 20292 articles
Browse latest View live

Il martellamento – di Franco Celio

$
0
0

Questo articolo ha tutta la nostra approvazione e suscita in noi una domanda. Ci chiediamo se un deputato PLR in carica oserebbe scrivere qualcosa di analogo.

Noi pensiamo di no, ma saremmo ben lieti di essere smentiti.

* * *

immagine Pixabay

Il martellamento in favore della libera circolazione – contro l’iniziativa popolare che chiede non già di eliminarla, ma almeno di limitarla un po’ – è iniziato in grande stile. Possiamo quindi attenderci che nei prossimi mesi raggiungerà il diapason. Non è neppure escluso che a tal fine venga mobilitato un folto stuolo di ex consiglieri federali e di altri VIP, come già fece la “ministra” Sommaruga per combattere l’iniziativa per l’attuazione della decisione di espellere gli stranieri che delinquono.

Il “leit motiv” dei contrari è che limitare la libera circolazione farebbe cadere tutti gli altri accordi “bilaterali” con l’U.E., ciò che precipiterebbe la Svizzera in una situazione di miseria nera, causa isolamento.

Ma è proprio così? C’è da dubitarne. In primo luogo perché non è affatto detto che l’U.E. faccia davvero scattare la tanto strombazzata “clausola ghigliottina” (in base alla quale, caduto un accordo, cadono tutti gli altri). È possibile che i più oltranzisti propendano per quella soluzione. Ma i realisti, che verosimilmente non mancano neppure a Bruxelles, si chiederanno se valga davvero la pena imporre per puro dogmatismo una misura che che rischierebbe di far cadere anche degli accordi (come quello sul traffico pesante) che in fondo servono più a loro che a noi. Gli stessi dovrebbero pure chiedersi con quale diritto il club dell’U.E. si permetta di imporre a Stati che non ne fanno parte delle regole che tutt’al più potrà considerare “non negoziabili” al proprio interno.

in definitiva, il voto sulla libera circolazione ricorda da vicino quello del 1992 sull’adesione allo Spazio economico europeo. Allora, la maggioranza dei votanti (giustamente, come si sarebbe visto in seguito) non diede retta alle fosche profezie che i fautori dell’adesione spandevano a piene mani. Sarà così anche stavolta? Forse sì, ma a condizione di non dare per scontato quell’automatismo nell”applicazione della “clausola ghigliottina”, che scontato non è!

Franco Celio, Ambrì

L'articolo Il martellamento – di Franco Celio sembra essere il primo su Ticinolive.


Insolite analisi… aero-politiche – di Flavio Laffranchi

$
0
0

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Ticinolive darà, ovviamente, spazio ad eventuali repliche.

* * *

Dal rapporto nr. 1765 dell’Ufficio d’inchiesta sugli infortuni aeronautici del 19 maggio 2001 si apprende che l’incidente del velivolo HB-MSH all’aeroporto di Ambrì è stato causato da una tattica di volo inadeguata con una virata a sinistra in salita e il conseguente stallo (perdita di velocità). Esito dell’errata manovra: due morti.

Dopo l‘inscenata a favore della riapertura del Centro asilanti, la perdita di punti da parte dell’UDC di Losone è stata causata da una tattica inadeguata con una virata a sinistra in presunta salita e la conseguente perdita di credibilità. Esito dell’errata manovra: parecchi sostenitori con i pugni in tasca e l’amaro in bocca.

Dopo diversi decenni trascorsi nelle file dell‘UDC di Zurigo e riscontrato dopo il „rimpatrio“ come quella locale poco o nulla ha in comune con le linee del partito, sono passato nei ranghi della Lega dei Ticinesi. Dall‘esito delle recenti Federali risulta come il piccolo ma pregiato gruppo guidato dalla geniale Bea Duca, sia diventato con quasi il 15% delle schede il numero due dei più votati a Losone. Alle prossime Comunali un motivo in più per separare definitivamente il grano dalla pula dando la preferenza a coloro che con tenacia e perseveranza si battono per tutelare gli interessi dei residenti.

Flavio Laffranchi, Losone

L'articolo Insolite analisi… aero-politiche – di Flavio Laffranchi sembra essere il primo su Ticinolive.

Il Tribunale di Renens assolve gli attivisti climatici dalle accuse del Credit Suisse. Polemiche su Roger Federer

$
0
0

Indossando parrucche e abiti sportivi bianchi, alcuni studenti manifestanti hanno organizzato un’incursione a novembre 2018 in una filiale della Credit Suisse a Losanna giocando una partita di tennis al suo interno per oltre un’ora come protesta per far pressione alla star del tennis Roger Federer a porre fine al suo accordo di sponsorizzazione con l’istituto bancario che effettua investimenti in combustibili fossili. Pur affermando di rispettare la loro causa per il clima e la libertà di espressione come un diritto democratico fondamentale, Credit Suisse ha ritenuto inaccettabile la loro azione di protesta e ha presentato una denuncia in tribunale contro gli attacchi degli attivisti presso le sue filiali a protezione dei suoi dipendenti. La stessa incursione si era svolta anche in una filiale di Ginevra.

Nel 2019 arriva la condanna per 12 imputati di 30 aliquote giornaliere e multe per 21’600 franchi per violazione di domicilio e resistenza alle forze dell’ordine. Ieri sono comparsi davanti alla Corte del Tribunale distrettuale di Renens dopo aver presentato ricorso ed aver rifiutato di pagare le multe inflitte.

Il processo si è concluso con un decreto di assoluzione e la cancellazione di qualsiasi illecito per i 12 giovani attivisti. Il giudice Philippe Colelough ha dichiarato che gli studenti non si sono resi colpevoli rifiutando di pagare le multe legate alle accuse visto il pericolo imminente della crisi climatica che il pianeta sta affrontando, così come hanno sostenuto gli stessi attivisti. “Non è sufficiente uscire per le strade o votare, dobbiamo disturbare un po’ in modo che la gente smetta di comportarsi come se nulla stesse accadendo”, ha dichiarato un attivista fuori del tribunale. Le multe ora verranno pagate dallo Stato.

Federer ha sottoscritto una partnership con Credit Suisse che sostiene anche la Fondazione Roger Federer attiva nei programmi di formazione scolastica in Sudafrica e in altri paesi del continente africano. Ma la banca svizzera è accusata dagli ambientalisti di fare una politica di considerevoli investimenti irresponsabili dal punto di vista ambientale. Da un report di Greenpeace, l’istituto elvetico avrebbe versato oltre 17 miliardi di dollari americani per finanziare aziende che hanno emesso quasi 200 milioni di tonnellate di gas serra. Credit Suisse investe in ogni cosa, compresa l’estrazoine di petrolio e gas.

È per questo che il rapporto tra Roger Federer e il suo sponsor è diventato di interesse per la 17enne attivista svedese Greta Thunberg, che non ha esitato a criticarlo aspramente sui social media. L’oscillazione a sinistra delle ultime votazioni di ottobre ha dato forza alle richieste degli studenti che protestano sempre di più per chiedere azioni concrete sul cambiamento climatico.

Secondo alcuni prendere di mira la banca non aveva molto senso ma paradossalmente la protesta si è rivolta anche contro Roger Federer. “Il Credit Suisse sta distruggendo il pianeta. Roger, li supporti?”, era scritto sugli striscioni sollevati dagli studenti durante la protesta che non aveva attirato molta attenzione. Ma l’ha attirata adesso dopo il verdetto del tribunale proprio quando Federer si trova a Melbourne per affrontare gli Australian Open di tennis, mentre gli incendi continuano a dvastare il paese.

Gli atleti professionisti sono altamente visibili, molto remunerati e tanto sensibili alle critiche. A differenza delle compagnie petrolifere però, non finanziano i governi. Federer è stato costretto a reagire e a difendersi dato che è il “marchio” di maggior successo al mondo. “Apprezzo i promemoria della responsabilità come individuo privato, come atleta e come imprenditore, e mi impegno a utilizzare questa posizione privilegiata per dialogare su questioni importanti con i miei sponsor”, ha detto Federer durante una dichiarazione scritta, sottolineando però di non avere intenzione di rompere il legame con il gigante finanziario svizzero.

Le azioni di Federer in futuro rivestiranno grande importanza per la sua reputazione come modello scelto di rappresentanza svizzera. Dovrà cambiare qualcosa con i suoi sponsor. Il Credit Suisse ha annunciato intanto che smetterà di finanziarie lo sviluppo di nuove centrali elettriche a carbone.

L'articolo Il Tribunale di Renens assolve gli attivisti climatici dalle accuse del Credit Suisse. Polemiche su Roger Federer sembra essere il primo su Ticinolive.

Cedere o resistere? – Sul controverso tema Barbara Simona e Orio Galli si confrontano a Chiasso

Ministra Azzolina, per la Lega è polemica per passi senza citazione nella tesi per l’abilitazione SSIS

$
0
0

41 pagine appena, per una tesi intitolata “Un caso di ritardo mentale lieve associato a disturbi depressivi”, presentata dall’oggi Ministra della Pubblica Istruzione Lucia Azzolina, nel 2009 all’università di Pisa, presso la Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario della Toscana (che allora si chiamava SSIS).

Azzolina, che oltre ad avere due lauree in filosofia e in diritto, è anche abilitata per essere insegnante di sostegno, avrebbe copiato due passaggi della tesi dal Dizionario di psicologia di Umberto Galimberti e un altro dal Trattato italiano di psichiatria di Giovanni B. Cassano e Paolo Pancheri, un quarto passaggio sarebbe invece stato copiato dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, di un testo internazionale di psichiatria.

Il “reato” di Azzolina sarebbe stato quello di non aver correttamente citato, anzi di aver omesso, le fonti utilizzate, non messe “tra virgolette”quindi “spacciate” come sue proprie.

Si scaglia contro Lucia Azzolina, in primis, la Lega. Matteo Salvini, scrive su facebook:  «un ministro così non ha diritto di dare (e fare) lezioni. Roba da matti. Si vergogni e vada a casa»; Giorgia Latini, sempre della Lega e vicepresidente della Commissione Cultura della Camera chiede le dimissioni immediate di Lucia Azzolina.

Azzolina risponde a Salvini che la tesi in questione non è una tesi di laurea, bensì una tesi per l’abilitazione SSIS; “ma d’altra parte” conclude “mi stupirei se Salvini le distinguesse. Non ha mai studiato in vita sua.”

 

L'articolo Ministra Azzolina, per la Lega è polemica per passi senza citazione nella tesi per l’abilitazione SSIS sembra essere il primo su Ticinolive.

Fallito il referendum contro la riforma fiscale – Il commento del PLR

$
0
0

“La ricchezza, prima di essere ridistribuita, va creata”

(com) Fin dalla sua presentazione e accettazione da parte del Gran Consiglio, il PLRT ha considerato la riforma fiscale come un necessario passo avanti per la fiscalità del nostro Cantone. Sapere che la riforma entrerà ora effettivamente in vigore – vista la non riuscita del referendum – è quindi un’ottima notizia per aziende e popolazione, in particolare per il ceto medio. Per il PLRT si tratta infatti di un intervento moderato, volto a dare maggiore slancio al nostro tessuto economico senza per questo incidere in maniera negativa sulle finanze pubbliche. Anzi. In diversi Cantoni che hanno già adottato riforme fiscali simili, il gettito fiscale non è diminuito, ma è anzi cresciuto proprio grazie ad questo rinnovato slancio competitivo. Senza dimenticare che, oltre che alleggerire il carico fiscale delle aziende, la riforma permetterà ora la diminuzione del coefficiente d’imposta cantonale per le persone fisiche: dall’attuale 100% al 97% dal 2020 e al 96% dal 2024.

La mancata raccolta delle firme contro questa nuova riforma, che segue il SÌ popolare dell’aprile 2018 alla “Riforma fiscale e sociale”, dimostra chiaramente una maggiore sensibilità da parte della popolazione nei confronti del complesso e delicato tema della fiscalità del Cantone. Che non può essere continuamente liquidato salendo sulle barricate dell’ostruzionismo a prescindere, ma va analizzato in modo serio e senza preconcetti. Perché anche solo basandosi sul buon senso ben si comprende il principio secondo cui la ricchezza prima di essere ridistribuita, va creata. Occorre inoltre tener conto che il Ticino non può fare astrazione dal contesto nel quale è inserito; al contrario, è chiamato ad adeguarsi alle evoluzioni in atto in ambito fiscale nonché alle decisioni degli altri Cantoni. Soprattutto se ci si confronta con una riforma moderata come in questo caso, che permette al Ticino di allinearsi alle nuove medie intercantonali scaturite dall’introduzione delle nuove norme fiscali a livello svizzero, senza alcun volo pindarico e senza i tanto sbandierati “regali ai ricchi”. (…)

Partito liberale radicale

 

L'articolo Fallito il referendum contro la riforma fiscale – Il commento del PLR sembra essere il primo su Ticinolive.

La giustizia fiscale resta una nostra priorità! – Partito Comunista

$
0
0
Dopo il fallimento (che non ci aspettavamo) del referendum i Comunisti si levano qualche sassolino dalla scarpa (v. punti 3 e 4).
* * *

I giovani del Partito comunista in posa davanti al Palazzo delle Orsoline

Il Partito Comunista ha preso atto con rammarico del fallimento del referendum contro la riforma fiscale. Nell’ambito del bilancio discusso sabato scorso a Pazzallo, durante la seduta mattutina del proprio Comitato Centrale, il PC – ringraziando sentitamente i compagni e le compagne che hanno sacrificato il loro tempo libero sotto le Feste pur di dare voce alla popolazione – rileva quanto segue:

1. Il lancio del referendum sulla riforma fiscale in contemporanea con i due referendum cantonale e comunale sull’aeroporto di Lugano non ha aiutato;

2. Esiste sempre di più una crisi della militanza: nulla di cui stupirsi in una società post-democratica e individualistica in cui il senso dell’organizzazione viene disincentivato. Ecco perché dobbiamo far rinascere l’interesse, soprattutto fra i giovani, di impegnarsi nel Partito e nel Sindacato.

3. Benché come Partito Comunista siamo soddisfatti della nostra performance avendo potuto consegnare oltre la quota di firme promessa, dimostrando ancora una volta un senso di responsabilità e di disciplina ormai sempre più rare anche a sinistra, abbiamo constatato come altri Partiti (con numeri più ampi dei nostri) non vi sono riusciti.4. Ci rammarichiamo poi che vi sia chi abbia promesso centinaia di firme raccogliendone in realtà solo poche decine, e per di più scomparendo dalla circolazione durante la campagna, dimostrando ben poca serietà e affidabilità.

5. La destra sta tornando all’attacco con altre proposte fiscali inique a favore del grande capitale e dei ricchi. Dopo la bocciatura in parlamento della nostra proposta di una legge patrimoniale sui milionari e dopo il rifiuto del governo di entrare nel merito della nostra proposta di riforma in senso progressivo dell’imposizione degli utili delle persone giuridiche, come comunisti dovremo quindi tornare a tematizzare la giustizia fiscale unitamente al resto della sinistra.

Partito Comunista

L'articolo La giustizia fiscale resta una nostra priorità! – Partito Comunista sembra essere il primo su Ticinolive.

Messina, arrestati 94 mafiosi, finanziamenti illeciti dall’UE per 10 milioni di euro

$
0
0

Maxi operazione antimafia, quella conclusasi stamane nel messinese, con 94 arresti. In cella sono finiti i boss dei Nebrodi, che prendevano finanziamenti illeciti dall’Unione Europea, per una truffa da 10 milioni di euro.

L’inchiesta “Nebrodi”della Procura di Messina, guidata da Maurizio De Lucia ha portato all’arresto 94 mafiosi: 48 sono finiti in carcere, 46 agli arresti domiciliari. Sono inoltre state sequestrate ben 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari, detenuti e gestiti dagli esponenti del sodalizio mafioso, che erano imprenditori e amministratori.

I reati in cui essi concorrono sono ampi e variegati: dall’associazione mafiosa, all’estorsione, al falso alla truffa.

Storico clan quello che raggruppa gli arrestati, quello dei Nebrodi, che, assieme al clan dei Batanesi e dei Tortoriciani, avrebbe messo le mani sui fondi europei, grazie alla complicità omertosa dei “colletti bianchi”, e dal 2012 avrebbero illecitamente ottenuto più di 10 milioni di euro dall’UE; come contirbuti fondiari per l’agricoltura.

Tra gli arrestati è finito in manette anche il sindaco di Tortorici. i gruppi mafiosi dei Nebrodi erano in combutta con i clan di Cosa nostra palermitana, con le famiglie catanesi e con la provincia ennese.

Intercettazioni e perquisizioni hanno portato all’arresto della famiglia dei Bontempo Scavo, capeggiata da Aurelio Salvatore Faranda e della famiglia dei Batanesi, noem di una delle settantadue contrade di Tortorici.

Gli ingenti contributi che le famigle mafiose illecitamente avrebbero percepito dall’Unione Europea sono stati concessi dall’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura).

L'articolo Messina, arrestati 94 mafiosi, finanziamenti illeciti dall’UE per 10 milioni di euro sembra essere il primo su Ticinolive.


Abuso edilizio di Caprino: aperto procedimento penale contro ignoti

$
0
0

È stato aperto oggi dal Ministero Pubblico un procedimento penale contro ignoti in relazione a quello che sembra essere un abuso edilizio a Caprino. Se ne era parlato la scorsa estate, in seguito ad una segnalazione e ad oggi l’inchiesta è ancora nelle sue fasi preliminari. Come riportato oggi dal Corriere del Ticino tra le ipotesi di reato ci sarebbe anche abuso di autorità. Questo vuol dire che qualcuno dell’amministrazione ha usato la propria posizione in modo illecito per procurare a sé o a terzi un profitto.

L’intera vicenda riguarda in particolare l’edificazione di una spiaggia che si trova affianco ad una villa a Caprino. La trasmissione Falò della RSI aveva già parlato della vicenda lo scorso settembre. Inoltre diversi atti parlamentari hanno chiesto chiarimenti sulla vicenda.

Nel marzo del 2018 un noto imprenditore del Luganese aveva costruito una spiaggetta di fronte ad una villa sul lago recentemente ristrutturata. In seguito alla segnalazione di alcuni abitanti emerge che l’edificazione non era autorizzata ma l’intervento del comune è tutt’altro che tempestivo, avviene soltanto dopo quattro mesi e viene presentata una domanda di costruzione a posteriori. Per giustificare la spiaggia, il proprietario tira in ballo un intervento urgente reso necessario da un franamento ma poco tempo dopo smantella tutto. L’intera vicenda assume contorni ancora più sorprendenti se si considera che il proprietario precedente aveva già presentato una domanda al comune mirata a convertire quella che una volta era un’officina nautica in residenza ma l’autorizzazione gli era stata negata. Aveva ottenuto infatti soltanto l’autorizzazione ad allestire un laboratorio per artisti. Una volta entrato in scena il nuovo proprietario tuttavia il comune ha avallato i lavori, in più con una procedura accelerata e per convertire la villa in residenza.

Stando a quanto riferisce il giornale di Muzzano, il Municipio avrebbe già ricevuto nelle scorse settimana alcuni risultati di un audit interno che escluderebbe il coinvolgimento di un singolo funzionario.

L'articolo Abuso edilizio di Caprino: aperto procedimento penale contro ignoti sembra essere il primo su Ticinolive.

Il PLR di Lugano licenzia il suo addetto stampa.. “Ha commesso errori”

$
0
0

Riprendiamo la notizia e il comunicato da Ticinonews e LiberaTV, poiché non abbiamo ricevuto nulla. Che l’addetto stampa sia stato esonerato perché non mandava i comunicati a Ticinolive?

* * *

Questo l’essenziale della Nota diffusa dal PLR luganese: “La Sezione ha posto fine al rapporto contrattuale con il suo collaboratore mediante disdetta ordinaria del contratto di lavoro, con contestuale esonero dall’obbligo di presenziare sul posto di lavoro.

La disdetta si è resa necessaria dopo aver l’UP presidenziale dovuto prendere atto del mancato adempimento degli obiettivi posti, nonché in ragione del ripetersi di errori nell’esecuzione dei compiti affidatigli, ciò che ha inevitabilmente compromesso quel rapporto di fiducia necessario per poter proseguire nella collaborazione professionale”.

* * *

Il licenziamento è stato intimato venerdì scorso. Pare che l’addetto stampa si sia rivolto al sindacato OCST richiedendo tutela. Ticinonews e LiberaTV alludono a un possibile mobbing.

 

 

L'articolo Il PLR di Lugano licenzia il suo addetto stampa.. “Ha commesso errori” sembra essere il primo su Ticinolive.

Elezioni a Taiwan: senza sorprese – di Vittorio Volpi

$
0
0

Se il centro dell’economia mondiale è sempre più nell’Area India-Giappone, non vuol dire che sia immune da problemi ed instabilità.

Uno dei problemi più seri è Taiwan, ovvero la Repubblica della Cina. Un paese di 23 milioni di abitanti che nei giorni scorsi hanno detto con il voto che vogliono rimanere indipendenti dalla Cina, che ne reclama dal 1949 l’integrazione e che suggellerebbe l’atto finale dell’unificazione cinese condotta da Mao Tse tung.

immagine Pixabay

Circa 8,2 milioni di taiwanesi, ovvero il 57% dei votanti, hanno votato a favore del rinnovo del mandato di Tsai Ing-wen, 63 anni, leader del Partito Progressista Democratico (PPD).  Sono andati alle urne il 75% degli abitanti, cioè il 10% in più rispetto alla precedente elezione.

Perdente, paradossalmente, il partito dell’opposizione, il KMT, Partito Nazionale Cinese che è stato in pratica il governo del paese per decenni dal ’49.

Ricordiamo che il KMT è stato fondato nel 1912 e che il “Generalissimo” e Presidente Chiang Kai Shek lo ha condotto fino alla sua morte e ha dominato la politica di Taiwan.

Da notare l’ironia  e la volubilità della politica. Il KMT (e Chiang) sono stati i mortali nemici di Mao e della Repubblica Popolare Cinese per decenni per poi adottare negli ultimi anni un atteggiamento più aperto al dialogo ed a qualche forma di intesa con Pechino. Invece il PPD e la Sig.ra Tsai ritengono che “solo i 23 milioni di taiwanesi potranno decidere su questa delicata materia del rapporto con Pechino”.

Durante la campagna elettorale la Presidente Tsai si è profilata come un campione dei principi “democratici e liberali” della indipendenza ed anche di rifiutare, Hong Kong docet, la proposta di diventare “one country” con la Cina, con la formula “un paese, due sistemi”.  In contrasto con la politica di Pechino che la Tsai vede sempre più decisa ed autoritaria sotto la leadership di Xi Jinping.

L’elezione, non sorprendentemente, è un colpo basso a Pechino ed alle sue offerte di dialogo con lo scopo ultimo dichiarato di portare a compimento gli obiettivi sacri della Repubblica Popolare Cinese. Taiwan è l’ultimo tassello di una storica riconquista dell’indipendenza cinese dopo  il “secolo delle umiliazioni” e della colonizzazione occidentale.

Prima di giungere alle conclusioni in merito all’elezione, penso sia giusto fare un passo indietro. Come si è arrivati alla ROC?  Dobbiamo ritornare agli anni ’40.  In quel periodo la Cina era sotto conquista dei giapponesi. All’interno del  paese si erano create due forze che combattevano contro l’Impero del Sol Levante, ma allo stesso tempo era guerra civile. I contendenti erano il” Generalissimo”  Chiang Kai Shek  (che Truman apostrofava come “Cash my check”…)  con un esercito poderoso di milioni di soldati, sebbene male organizzato, finanziato con i soldi e le armi americane (spesso dalla parte sbagliata).

Dall’altra parte i comunisti guidati da Mao, forti del supporto delle campagne, ma anche sostenuti dai russi. Mao e i suoi al momento della resa dei giapponesi, agosto ’45, intensificarono con successo la lotta contro Chiang, fino a confinarlo nelle frange del Paese. Questi, sentendosi sconfitto, già nel ’48 mosse la sua forza aerea a Taiwan e nel dicembre del ’49  si trasferì armi e bagagli a Taiwan. Il KMT invase l’isola a seguito della “grande ritirata”. È nota la pulizia etnica sui locali prima dell’arrivo di Chiang. Chiang” fuggì con quasi 2 milioni di soldati, più civili e rifugiati. Mao nel frattempo aveva annunciato la fondazione della Repubblica Popolare Cinese.

Tutte e due le parti rimanevano in stato di belligeranza con “la guerra continua”. Chiang addirittura nel 1961 preparò un piano di rivincita per riconquistare la Cina nel continente, ma da Washington, fortunatamente,  gli dissero di no.
Chiang Kai Shek  portò con sé il tesoro del paese (113 tonnellate di oro e, inter alia, una collezione straordinaria di oggetti d’arte di cui solo un dodicesimo si può ammirare a rotazione (forse 300 mila pezzi) nel Museo Nazionale di Taiwan.

Da allora, sotto la protezione americana, Taiwan ha potuto focalizzarsi sul progresso economico nella chimica, tecnologia, elettronica al consumo, ecc. fino a diventare (PPA) la 21ma economia mondiale con un reddito pro-capite di 46.800 dollari (contro i 9.580 della Cina, dati 2018). Straordinario per un simile piccolo paese.

Ritornando al presente ed alle elezioni, i commenti da Pechino appaiono naturalmente negativi ed invitano la Tsai al dialogo per una integrazione. È evidente e comprensibile però che gli sconvolgimenti di Hong Kong hanno pesato sull’opinione pubblica negativamente.  Pechino ha carte in mano per far pesare i fatti: Taiwan  ha come partner commerciale principale la Cina. Migliaia di investimenti taiwanesi nel continente potrebbero essere a rischio e se non fosse per l’ombrello americano (ma rimarrà nel tempo?) Taiwan potrebbe essere integrata in breve tempo…

Il dialogo sarà quindi inevitabile, non sembra esserci altra via di uscita.

Vittorio Volpi

 

L'articolo Elezioni a Taiwan: senza sorprese – di Vittorio Volpi sembra essere il primo su Ticinolive.

Le notizie bomba si susseguono senza tregua. Il PLR candida Jacques Ducry!

$
0
0

In occasione della direttiva del PLR Lugano, tenutasi questa sera, è stata annunciata a sorpresa la candidatura di Jacques Ducry sulla lista del partito per il consiglio comunale. Tutti parlano di “ritorno all’ovile”.

In effetti il radicale socialista Ducry sul finire del 2015 aveva lasciato clamorosamente il PLR per trasformarsi in indipendente socialista. Adesso, a quattro anni di distanza, questo colpo di scena, che ci piace, perché dà ossigeno ai portali, ormai dominanti nella battaglia politica.

La candidatura Ducry potrebbe essere un elemento portante di una nuova strategia escogitata dal presidente Tognola, volta a indebolire la Sinistra, scongiurandone il raddoppio.

Infatti l’incubo peggiore per il PLR (vox populi) è il seguente: 3 (Lega-UDC) e 2 (PS-verdi-partitini), poiché in tale infausta situazione il PLR troverebbe la salvezza del seggio solo nel “killeraggio” dei “congiunti”. Un gesto ingrato e crudele.

Nell’impossibilità assoluta di scrivere un pezzo (magari venerdì…) cerchiamo di salvare la faccia proponendo ai lettori una vecchia (ma bella) intervista che Jacques – generosamente e cordialmente – ci concesse.

L’incontro avvenne in un bar/ristorante di Besso e lui – trattandoci benissimo – ci offrì il pranzo!

* * *

Lugano, corsa al Municipio – Fermento a sinistra: è in arrivo Jacques Ducry! (31 dicembre 2015)

Il Corriere odierno reca uno scoop stimolante. Jacques Ducry avrebbe dato (o potrebbe dare) al PS la sua disponibilità a correre in aprile per il municipio di Lugano.

Jack 123 bDucry è una personalità politica di grande interesse. Era uno dei leader dell’anima Radicale del PLR ma, alla fine, il suo amore socialista ha prevalso e l’ha, per così dire, travolto. Ha allora aderito al PS e si è candidato sulla lista di quel partito per il Gran Consiglio nel 2015 ottenendo un notevole successo e risultando il primo degli eletti (“All’inizio ero stato ben accolto ma, dopo la votazione, non mi parla più nessuno” si era confidato, stupito).

Più tardi, nell’autunno, una sua candidatura d’area al Consiglio degli Stati fu prossima a concretizzarsi (avrebbe fatto molto meglio del dottor Malacrida, pur senza disporre di concrete probabilità di vittoria) ma la cosa andò a monte.

La sua candidatura all’Esecutivo luganese minaccia soprattutto l’on. Zanini Barzaghi, dal momento che un “raddoppio” socialista si colloca al di là dei sogni più audaci e inebrianti. E non è neppure escluso che si manifestino delle opposizioni. In realtà il partito – a Lugano come nel Cantone – è malmesso: il clima vi è alquanto depresso e il 2015 è stato un anno particolarmente infelice.

Colpisce infine il termine che il “prode Jacques” usa voluttuosamente, e molto impropriamente, di “centrosinistra”. Sono parole buone per gli allocchi: qui si tratta di sinistra e basta. Era sinistra, perfettamente definita, all’interno del PLR; è sinistra hic et nunc, qui e oggi, nell’ipotetico “conglomerato” di Raoul e Jacques. Che problema c’è? Essere di sinistra è un diritto democratico di qualsiasi cittadino (che desideri esserlo).

* * *

Colgo l’occasione per riproporre un’intervista che io stesso ho realizzato e alla quale Ducry collaborò con notevole impegno. È bella, profonda e sincera (i complimenti vanno a lui, io non faccio complimenti a me stesso). La pubblicai il 25 marzo 2015; poi uscii di casa e mi recai al Palazzo dei congressi, all’aperitivo elettorale di Michele e di Alex, cioè l’on. Bertini, municipale di Lugano, e l’on. Farinelli, attualmente capogruppo PLR in Gran Consiglio.

 Jacques Ducry si confida a Ticinolive. Intervista 25 marzo 2015

Ducry 400Francesco De Maria   Come mai ha preso la decisione di candidarsi sulla lista del PS ?

Jacques Ducry   Sono stato in Gran Consiglio per il PLR sino al 2011 e ho rivestito varie cariche di partito. Sino al 2013 ho presieduto la sezione di Collina d’Oro. Il mio strappo definitivo con il partito è avvenuto nel 2012 all’epoca in cui ad opera dei radicali Gabriele Gendotti era stato designato “quarto vice presidente coordinatore” [“trainante”, ndR], nell’ottica dell’assunzione, da parte sua, della presidenza. Invece…

Esisteva dunque un gruppo radicale? De iure o de facto? Con quali nomi?

JD   Esisteva di fatto, naturalmente, e non per statuto. Citerei Celio, Quadranti, Righetti, Gendotti, Ryser… e Ducry.

Quadranti…

JD   È il segretario di Incontro Democratico, l’unico radicale (nel mio senso) rimasto in Gran Consiglio. Nel 2011 fu candidato al Consiglio di Stato e fu eletto in Parlamento.

Per tornare a Gendotti…

JD   C’era la possibilità che Gendotti diventasse presidente, e che lo rimanesse, anche a detta sua, fino al 2016. Era questa la nostra speranza…

Un inciso su Gendotti. Ricordo bene che, quando fu annunciata la creazione di Incontro Democratico, egli si espresse criticamente.

JD   Sì, e lo fece mediante un articolo che probabilmente non scrisse lui, ma che firmò. In quell’articolo io ero paragonato – come sciagura del partito – a Tullio Righinetti [in quanto fondatore di Idea Liberale, ndR] e questa non gliel’ho mai perdonata!

Attento a come parla, Tullio è un mio grande amico!

JD   Lo so, lo so. Con lui ho sempre avuto vivaci scambi d’opinione. Tornando a Incontro Democratico, l’associazione fu fondata da radicali e socialisti il 26 febbraio 2010 e annunciata in conferenza stampa il 2 marzo. Allora si scatenò il putiferio.

Si può capire anche la contrarietà di Gendotti. Egli si preoccupava delle possibili “strumentalizzazioni” degli avversari.

JD   Sì, ma questo era il suo problema e non il mio. La cosa creò dei problemi anche a Laura, la quale però saggiamente rispose: “Jacques è grande abbastanza per sapere quello che fa”. Nel giugno 2012 ultima riunione del gruppetto [di radicali, ndR] in un grotto di Personico: Gendotti ci comunica la sua rinuncia. Come andarono poi le cose si sa. C’era l’ipotesi Giovanna Masoni, che tuttavia rinunciò. Alla fine la commissione cerca propose un terzetto, Cattaneo/Pini/Michele Morisoli, e al Mercato coperto in settembre fu eletto Rocco Cattaneo. In quell’ultimo, per me, congresso PLR, votai per Nicola Pini.

Io ero lì. Ero sicuro che Pini avrebbe vinto. Per fortuna non capisco niente!

JD   Molti delegati del Bellinzonese votarono per Cattaneo. E questo potrebbe spiegare il fatto che la lista del partito per il CdS, almeno sino all’8 gennaio, appariva debolina…

Forse per favorire Vitta? È questo che intende dire?

JD   È possibile. La lista del giugno 2014 (si potrebbe anche dire: pre-8 gennaio) puntava a blindare l’elezione di Vitta. Vitta era in un certo senso predestinato al Consiglio di Stato.

Sì, ma rischiava di arrivarci da solo.

JD   Questo bisognerebbe dirlo a chi ha fatto la lista. In ogni caso non si può affermare che fosse solo Cattaneo a non volere Laura. C’è da tener presente che se Laura fosse rimasta e se il partito non avesse recuperato il seggio, Vitta poteva rimanere escluso.

Mi sembra addirittura probabile.

JD   Beh, non è detto. Nel 2011 c’erano esponenti del partito che avrebbero preferito Vitta a Sadis, la partita sarebbe stata aperta. Tornando all’oggi, ribadisco la mia opinione. Se avessero voluto fare una lista di battaglia senza l’uscente, avrebbero messo in lista Giovanna Masoni, Mauro dell’Ambrogio, Andrea Bersani, ecc.

Se Pini fosse diventato presidente, Lei sarebbe rimasto?

JD   Non lo escludo, se il PLR avesse avuto una chiara svolta radicale. In ogni caso tra il 2011 e il 2012 ho dato una svolta alla mia vita, lasciando il Gran Consiglio, la magistratura federale e il PLR. Mi sono tenuto il Numes e Incontro Democratico. E ho comperato una casina in Toscana.

Veniamo dunque al 2014…

JD   Poco prima di Natale Manuele Bertoli (ci conosciamo bene, siamo co-fondatori di Incontro Democratico e membri di comitato) ha sondato la mia disponibilità a candidarmi sulla lista del PS. Dopo aver sentito Lurati e Ghisletta e averci pensato ben bene mi sono deciso. Il 9 gennaio la mia candidatura è stata comunicata ai media. Lo “strappo” si è consumato.

Ho cambiato il partito e la lista ma i miei princìpi fondamentali – che riassumo nel motto “Giustizia e Libertà” – non sono cambiati. Sono politicamente da tempo vicino al PS, è un fatto oggettivo, e in Gran Consiglio parecchie volte ho votato con i socialisti. Questo è avvenuto anche su temi federali: cassa malati unica, iniziativa 1:12, iniziativa contro i “globalisti”…

Ai miei occhi dal 2010 con il cambio di presidenza da Merlini a Gianora il partito ha subito una deriva, che si è accentuata nel 2012 sotto la presidenza Cattaneo. Con Merlini le due “anime” del partito riuscivano a dibattere e a coesistere. C’era cultura politica e c’era discussione sui princìpi, soprattutto quando si stilava il programma. Era, lo dico con rimpianto, appassionante. Dal 2010 in quel partito non c’è più stata passione. Solo desiderio di vincere, ma per che cosa?

I miei principi sono condivisibili con quelli del partito socialdemocratico ticinese. Per questo ho deciso di candidarmi come indipendente sulla lista del PS. Sono sempre il Ducry radico-socialista. C’è ancora la R nel mio ex partito? Lascio ad altri di dimostrarlo, io la mia scelta l’ho fatta.

Come ho scritto io stesso con molta convinzione, Ducry ha trovato finalmente la sua casa! L’elezione di Cattaneo alla presidenza l’ha vissuta come una vittoria dell’ala liberale?

JD   Sì, chiaro e netto. Pensi solo a questo fatto. Nel 2011 Cattaneo sostenne pubblicamente uno solo dei candidati PLR al governo: non Sadis, non Vitta. Solo Sergio Morisoli.

Allora le “ali” non esistono più e il “giocattolo” si è rotto. È questo ciò che vuole dire? Ma… non hanno un po’ ragione quelli che dicono: erano diversi, diversissimi, addirittura incompatibili? Stavano insieme solo perché stando insieme riuscivano ad essere il partito di maggioranza relativa.

JD   In un modo più positivo si potrebbe dire: sotto un “cappello” ideologico molto ampio si ritrovavano dei princìpi comuni, benché le “sensibilità” differissero, e molto. Ma, almeno da parte mia, senza “giochi di potere”.

Non si poteva pensare a una scissione?

JD   L’ho proposta tante volte…

Ma allora, probabilmente, i Radicali si sarebbero fusi col PS !

JD   Già, se non altro sarebbe stato più coerente. In fondo questo è il senso di Incontro Democratico.

L’associazione è tuttora vitale? Quanti soci ha?

JD   Gode di buona salute. Ha circa 150 soci. Alcuni “temono” che possa diventare un nuovo partito. Molto dipende dal sistema elettorale. Io sono sempre stato contrario al maggioritario ma da qualche anno a questa parte ho cambiato opinione.

È veramente arrivato il momento del maggioritario? Se ne parla da anni e anni… ma non se n’è fatto mai niente.

JD   Già, ma i tempi cambiano e a poco a poco anche le idee evolvono.

Quello che (io) chiamo il “partito della Regione” esiste?

JD   Sì il partito della Regione esiste. Non è un vero e proprio partito ma copre bene un’area progressista, radicale e socialdemocratica; in sintesi la libertà dell’indipendenza.

Il PS può essere meglio del PLR ?

JD   Sì, soprattutto meglio dell’attuale PLR. Sino al 67 i due partiti erano uniti nell’alleanza di sinistra. Probabilmente furono quelli gli anni migliori per il mio ex partito!

E i peggiori? Adesso?

JD   Non lo riconosco più.

Terminiamo l’intervista con qualche spunto a ruota libera.
Liberale / Radicale, schematizzando al massimo.

JD   Pensiero liberale: il cittadino contrapposto allo Stato. Pensiero radicale: il cittadino è lo Stato.

A proposito di liberali, pare che Reagan abbia detto: “Lo Stato non è la soluzione, lo Stato è il PROBLEMA!”

Che cosa pensa della religione a scuola?

JD   Sono per una netta separazione tra Stato e Chiesa. La religione è e deve rimanere un fatto privato. Quindi niente insegnamento religioso nella scuola statale. Sbaglia però chi vede in me un “mangiapreti”. Mi piace molto, ad esempio, don Feliciani. Anche con il vescovo emerito mons. Grampa avevo e ho un buon rapporto. Per non parlare, salendo ancora più in alto, di papa Francesco, che approvo e ammiro quando condanna le mafie, il capitalismo selvaggio e la corruzione. Ci voleva un papa così, era ora!

Lei è Libero Pensatore?

JD   Sì, come molti altri radicali.

Come vede Laura Sadis: la sua personalità politica, i suoi 8 anni in governo, la sua rinuncia?

JD   Ha lavorato sodo e bene, con grande competenza, impegno e onestà intellettuale. Purtroppo Laura non è un “animale politico” e questo alla fine si è rivelato uno svantaggio. Ha fatto bene a lasciare. Certo è amareggiata, sia dal clima che si è creato nel partito, non da ultimo certe opzioni del presidente, ma, soprattutto, da chi ha lavorato nell’ombra per istigare la sua scelta.

[Qui siamo al thriller. Di chi sta parlando Ducry? Ho, ve lo confesso, 3 possibilità. Posso dirvi: 1) Non me l’ha detto  2) Me l’ha detto ma gli ho giurato di non dirvelo  3) Me l’ha detto senza esigere giuramenti… ma il traffico rumoroso della via Besso ha coperto irrimediabilmente il nome (o i nomi). Scegliete voi]

Non manco mai di concludere un’intervista pre-elettorale richiedendo all’intervistato una previsione.

JD   L’elezione si giocherà con un margine dell’1 per cento [!!] Se il PL [dice proprio così: PL] fa due seggi, gli eletti sono chiari, Bertini e Vitta. Se la Lega mantenesse i due suoi, sarà ovviamente con gli uscenti. Auspico vivamente la rielezione di Manuele Bertoli, che si ritroverà in Governo con Paolo Beltraminelli, mentre Savoia, a meno di una clamorosa crescita dell’ultima ora, resterà in Parlamento.

[È stranissimo, e fa pensare: il pronostico di un politico molto di sinistra e quello di un commentatore (certo non un politico) molto di destra coincidono. Beh, veramente il punto principale… rimane aperto!]

Esclusiva di Ticinolive. Riproduzione consentita citando la fonte.

 

L'articolo Le notizie bomba si susseguono senza tregua. Il PLR candida Jacques Ducry! sembra essere il primo su Ticinolive.

Giornata a Palazzo Reale a Milano, in mostra la collezione Thannhauser

$
0
0

Grande successo a Milano, Palazzo Reale, per la mostra della collezione Thannhauser, donata nel 1963 al Museo Guggenheim, che si protrarrà sino al 1° marzo.

Peggy Guggenheim, mecenate americana,”riunì” artisti quali Picasso e Van Gogh, e altri celebri maestri, molti dei quali da lei conosciuti personalmente.

Nel biglietto è compreso l’accesso a una mostra di (splendidi) gioielli che ricalcano la natura con motivi floreali e animali e all’esposizione delle opere di Vedova, artista polisemico e conturbante.

Entriamo. L’esposizione è affollata da ragazzini, scolaresche e gruppi educativi, alcuni dei quali parlanti solo inglese, che osservano e interagiscono con l’educatrice su quadri di Kandisnskij.

Tra i molti quadri esposti, ci appare un Monet evanescente, in una suggestiva veduta di Venezia dalla Giudecca. Ci domandiamo donde avrà preso l’ombra mirabilmente resa nella laguna…

…Un Van Gogh così cupo, ondeggiante, conturbante, straordinario specchio mentale del più grande degli impressionisti…

…Un Cézanne che rende una natura morta con tocchi mirabili di colore – puro colore – per poi rendere meravigliosamente il vetro del tozzo calice con decise pennellate che danno l’idea perfetta della fusione vetrata tondeggiante.

Infine, nella Sala delle Cariatidi (un tempo “sala degli specchi”, bombardata nel ’44 e mai restaurata), una mostra del tempestoso artista Vedova, che esprime la sua forza artistica in pennellate severe su dischi enormi: una rottura della società, della storia, dell’arte stessa. In nome dell’arte.

L'articolo Giornata a Palazzo Reale a Milano, in mostra la collezione Thannhauser sembra essere il primo su Ticinolive.

Milano all’insegna dei protagonisti dell’arte

$
0
0

di Cristina T. Chiochia

Milano ben oltre la settimana della moda. Si è aperta a Milano infatti una bella settimana all’insegna dell’arte e del tenere “alto e vivace”, il dibattito sulla critica d’arte in Italia e all’estero tenendo appunto “alto” il richiamo della possibilità di allargare “ulteriormente il raggio d’azione” degli studi da una parte e dall’altra, cercare di attrarre ed incuriosire, oltre che interessare, ovviamente, un sempre maggior numero di appassionati d’arte: collezionisti e semplici estimatori al mondo di chi si occupa di arte.

Ne sono due bellissimi esempi la presentazione del primo numero di “Rivista critica d’arte-nuova serie” presso la sala BPM di Milano, e la mostra a cura di Stefano Bosi, Valerio Mazzetti Rossi, Enzo Savoia , con la consulenza scientifica di Fabio Benzi, alla Galleria Bottegantica dal titolo “Novecento Privato: da de Chirico a Vedova” .

Il primo è una sorta di viaggio lungo un sogno d’arte, quello della rivista Critica d’Arte, fondata nel 1935 da Carlo Ragghianti e Ranuccio Bianchi Baldinelli e che si è presentata martedi 14 gennaio 2020, nella splendida cornice della Sala delle colonne del banco BPM a Milano per la pubblicazione della nuova serie.

Alla presenza di un vasto pubblico, ecco che Alberto Fontana e Paolo Bolpagni, presidente e direttore della Fondazione Ragghianti hanno presentato oltre che la rivista, il progetto che ne è alla base, grazie alla pubblicazione in coedizione con la casa editrice “Le lettere”. Come recita il comunicato stampa: “la nuova serie della rivista, pubblicata in coedizione dalle Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’arte e dall’Editoriale Le Lettere, mantiene il formato della precedente, ma ha introdotto un assetto e un’articolazione in parte differenti, anche con l’adozione di norme redazionali e di referaggio più perentorie. Fedele alla linea indicata da Carlo Ludovico Ragghianti, accoglie contributi di storia dell’arte dalla preistoria fino al contemporaneo, di storia della critica d’arte, architettura, design, museologia, restauro e cinema, in due formati: per la sezione Saggi testi lunghi e di ampio respiro; per la sezione Note articoli brevi per puntuali precisazioni o messe a fuoco di tipo filologico”.

Un vero cenacolo di temi ed interventi di attualita’ culturale, offerti in modo aperto e generoso, come dimostra il solo sfogliare il primo numero della rivista che rimane una delle “più longeve riviste d’arte d’Italia”: resta il formato della serie precedente ma viene arricchita graficamente, si amplia il comitato scientifico sempre piu’ internazionale, di qualità e prestigio, a partire dal direttore responsabile, Francesco Gurrieri.

Il secondo, presso la Galleria Bottegantica di Milano è un “excursus attentissimo di opere che, per la prima volta nella storia di Bottegantica, si compone di momenti staordinari vissuti dall’arte e dalla cultura dal primo dopoguerra sino agli sviluppi del secondo: dal futurismo alla Metafisica, dal Realismo Magico al Surrealismo, dal Ritorno all’Ordine all’informale” di ben 30 opere che dialogano tra di loro, come appunto recita il comunicato stampa. Dal 17 Gennaio al 29 Febbraio 2020 si potranno ammirare quindi opere di tutta una serie di maestri d’avanguardia che hanno partecipato e contribuito a creare un nuovo senso di appartenenza: partendo da Boccioni e Balla, finendo con Vedova e Bonalumi, l’originalità del percorso, incanta.

Concludendo quindi, come si diceva, è in questo voler tenere alto” il richiamo della possibilità di allargare “ulteriormente il raggio d’azione”che è anche il senso della bellezza di questa mostra: un percorso espositivo pensato per essere “vissuto” e “letto” da un pubblico sempre più vasto “grazie anche ad un apparato didattico sperimentale, capace di guidare il visitatore alla comprensione profonda di ogni singola opera”, come appunto recita il comunicato stampa.

Appuntamenti importanti dunque questa settimana a Milano, che testimoniano come la città del nord Italia, rimanga, senza retorica o autocelebrazione, non solo capitale della moda ma anche di un certo modo, sempre più necessario, di raccontare l’arte italiana e non, gli artisti e la sua storia in modo attento e vivo, cosmopolita, sia che si tratti di riviste, come di gallerie.

L'articolo Milano all’insegna dei protagonisti dell’arte sembra essere il primo su Ticinolive.

E se la Francia morisse di troppo stato?

$
0
0

di Friedrich Magnani

Dopo trentotto giorni di scioperi, vetrine rotte e cassonetti bruciati, il Premier francese, Edouard Philippe, ha dovuto cedere e sospendere sine die, il tanto contestato punto della riforma delle pensioni, la soglia anagrafica dei sessantaquattro anni, per ottenere il pieno della pensione. E’ stato il più lungo sciopero dal 1995. Partito dalla rivolta degli “cheminots” i ferrovieri, la protesta si è allargata a tutta la fascia dei dipendenti pubblici francesi.

Macron a Versailles (incontro con Putin) // Foto wiki commons (Kremlin.ru) https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/deed.fr

Ma cos’è che li ha fatti arrabbiare così tanto? L’esecutivo francese, dato l’inevitabile invecchiamento della popolazione e l’allungamento della speranza di vita, ma soprattutto, per la non sostenibilità finanziaria, ha provato a riformare uno dei sistemi pensionistici più generosi al mondo (verso il pubblico impiego), con quarantadue casse previdenziali, i cosiddetti regimi speciali, che privilegiano alcune categorie di lavoratori a discapito di altre. Emblematico il caso di quei ferrovieri che possono andare in pensione a cinquant’anni. Uno studio dell’ente pubblico francese COR (Conseil d’Orientation des Retraites), ha stimato in 19 miliardi di euro, il buco finanziario che si potrebbe creare entro il 2025, con l’attuale sistema previdenziale.

Ma apriti cielo, toccare lo Stato francese è come stuzzicare un toro. I 17 miliardi spesi in un solo anno (in deficit) per accontentare i gilet gialli, con sostegni al reddito minimo,  sgravi fiscali e contributi, non sono bastati a placare le ire. Se queste spese fossero state fatte in Italia, ci saremmo trovati alle barricate con l’Unione Europea, con contorno d’impennata di spread. Evidentemente Bruxelles vede lungo e preferisce chiudere un occhio, se non tutti e due, pur di non far crescere il consenso dei populisti di Marine Le Pen.

Certo, qualcosa la Francia dovrà pur fare. Le regole valgono, o dovrebbero valere anche per essa. Il leviatano della spesa pensionistica francese, sfiora il 14% del pil, solo dopo Italia e la Grecia, che arrivano al 16%. Ma il totale della spesa pubblica in rapporto al pil è oltre la media dell’Unione Europea e arriva al 56%, contro il 49% del Belpaese. Il debito pubblico francese è volato in percentuale al prodotto interno lordo, dal 21% del 1980 al 100,4% attuale. Roba da far sgranare gli occhi. E non è finita qui, la Francia può permettersi di andare avanti con il tasso di popolazione attiva più basso di tutta l’Europa, pari al 45% (In Germania, è pari al 52,7%). Questo grazie al totem delle 35 ore lavorative, che nessun Presidente francese, anche se turbo capitalista, oserebbe toccare. Ma spiace dirlo, la Francia non è più quella di De Gaulle, il suo ruolo di potenza mondiale è passato dal quinto, al settimo posto e la sua quota negli scambi commerciali globali è passata dal 6,3% ,del 1980, al 3% attuale.

Questo suo vivere da cicala le è stato possibile grazie alla sua storia, al suo peso diplomatico e al suo saper fare impresa, malgrado tutto. Il settore del lusso e della moda trainano molto il vagone francese e le grandi aziende hanno saputo battere la concorrenza, dal gigante dell’aeronautica Airbus, a quello dell’agro-alimentare, Danone. Le banche francesi sono tra le prime dieci banche europee e un efficiente sistema di trasporti, con linee che collegano Rotterdam ai grossi distretti industriali francesi, garantiscono un rapido accesso ai mercati internazionali. La Francia è riuscita poi a rimanere al passo con la digitalizzazione, e i tempi della burocrazia e dei processi giudiziari non sono certo quelli dell’Italia. Prova ne è, che sia riuscita nel 2019 ad ottenere il secondo podio in Europa, per investimenti diretti esteri, dopo la Germania, secondo Business France.  Segno, che malgrado l’alta tassazione delle imprese, l’assenza di burocrazia e la chiarezza delle leggi, giochino a suo favore.

Per di più, la macchina della pubblica amministrazione francese, seppur mastodontica, funziona bene. La grande scuola elitaria dell’alta amministrazione francese, l’Ena, ha saputo sfornare un efficiente e preparata classe di politici e alti funzionari, qualcosa di diverso dal nostro Ministro degli esteri,  che scambia il Venezuela per il Cile. Certo è però, che questa selezione verso gli alti ranghi, ha da sempre favorito i figli e i rampolli dell’alta borghesia, e i francesi non ne possono più.

Un ascensore sociale bloccato da troppo tempo, che ha spinto il Presidente Macron, a voler riformare il sistema di selezione della pubblica amministrazione. Il problema, è che la persona sbagliata, al momento sbagliato. I francesi, vedono lo stesso Presidente, come un prodotto dell’élite, nei panni di un narcisista Re Sole, intento a distribuire mance. Un re che vive in una delle capitali più spendaccione d’Europa. La municipalità della ville lumière ha accumulato un debito di 5,5 miliardi di euro.  E poi, alcuni, non gli hanno perdonato di avere abolito l’imposta sulla fortuna, quella tassa che aveva fatto scappare molti paperoni di Francia, oltralpe e oltreoceano. Insomma, a Macron, il colpo alla botte (ai poveri)  e quello al cerchio (ai ricchi), non gli son serviti  a molto. E ora che tenta di scalfire la roccia dello statalismo francese, arrivano i guai seri. Il settore pubblico assorbe quasi il  22% della forza lavoro in Francia, contro il 14% dell’Italia.

Per non parlare infine, del capitolo privatizzazioni, tra le poche vie d’uscita nel trovare le coperture alle spese.  Anche lì Macron, ha dovuto scontrarsi con l’amore dei francesi per le società pubbliche.  Il referendum contro l’iniziativa di privatizzare gli aeroporti di Parigi,  che si terrà tra due mesi, ha già raggiunto un milione di firme. E che dire del  grande carrozzone di stato SNCF, che ha già accumulato 54 miliardi di debito. Tentare di privatizzarlo, potrebbe tradursi in un rischio d’attentato alla Presidenza francese. Comunque, il nocciolo duro, rimangono sempre, i noti quattro tabù: le 35 ore, lo Smic (il salario minimo), lo statuto della funzione pubblica e i regimi speciali delle pensioni.

Insomma, la Francia ha ancora solide fondamenta e buoni muri perimetrali per far bruciare la casa, ma non potrà durare a lungo. Prima o poi, pagherà per il suo immobilismo, finendo di morire, di troppo Stato.

L'articolo E se la Francia morisse di troppo stato? sembra essere il primo su Ticinolive.


Bill De Blasio e i migliori Bagel al mondo

$
0
0


Il 15 gennaio in America è 
stata la giornata nazionale del bagel.

È un tipico panino dalla classica forma di ciambellina fatto con diverse varietà di farine ricoperto di semi di papavero e farcito, in modo classico, con salmone e formaggio cremoso. Fatto a mano, ha le sue origini in Europa nel 1600 presso le famiglie ebree che vivevano a Cracovia in Polonia ed è stato tramandato nel nord America con le migliaia di ebrei che sono emigrati nel 1800. Oggi è una specialità popolare della cucina tradizionale israelita americana. 

Esiste una precisa ricetta per questa specialità che nel complesso rimane ancora esattamente come era nel 1600. Oltre che nella sua forma ad anello, la particolarità del bagel sta nel suo metodo di cottura,bollito in acqua prima di essere cotto in forno, che gli conferisce la caratteristica struttura morbida leggermente gommosa all’interno con la crosta lucida.

Il sindaco di New York Bill De Blasio, considerato nei sondaggi da molti cittadini statunitensi un «inutile» candidato politico presidenziale, ha scelto di celebrare l’occasione pubblicando con un tweet il suo ordine di bagel presso la Bagel Hole di Brooklyn, famosa panetteria premiata come la migliore della città per l’arte del bagel fatto a mano. Nel suo tipico stile, De Blasio è riuscito a trasformare in incidente qualcosa che avrebbe dovuto essere semplice. “New York City ha i migliori bagel al mondo… Bagel Hole in Park Slope… Farina di grano integrale. Tostato. Crema di formaggio extra”, questo il testo originario.

foto Pixabay

Alla lettura del tweet, migliaia di newyorkesi hanno sottolineato come le opinioni di De Blasio fossero di fatto errate. Un dipendente della panetteria ha detto che il negozio assolutamente non tosta mai i suoi bagels perché fatti alla vecchia e unica maniera, serviti molto caldi dopo essere stati cotti freschi. La critica è stata talmente forte che il sindaco ha dovuto cancellare rapidamente il tweet per ripubblicare in seguito lo stesso testo senza la parola tostato”. Va bene tutto, ma un bagel tostato no. La tostatura infatti è un qualcosa che viene richiesto solo per i bagel vecchi o di scarsa qualità. 

In molti su Twitter si chiedono se esista qualche cibo che il sindaco di New York sappia mangiare. Visto che è stato anche insultato per aver mangiato una pizza alla Goodfella’s Pizzeria usando forchetta e coltello, ignorando quindi la cultura locale. I rimproveri a De Blasio questa volta non riguardano la sua attività politica ma la sua stramba preferenza per i bagel tostati, per molti una vera vergogna o, come si direbbe in ebraico,  Shanda.

Non è la prima volta che l’apprezzato panino crea problemi ai politici. Nel 2018 l’attrice e candidata a governatrice dello stato di New York Cynthia Nixon era stata aspramente criticata per aver ordinato un bagel i cui ingredienti erano stati definiti “criminali” da Food&Wine. 

Una cosa è certa: negli Stati Uniti i bagel vengono presi sul serio e se altrove qualcuno non li conoscesse ora sicuramente ne ha sentito parlare. 

L'articolo Bill De Blasio e i migliori Bagel al mondo sembra essere il primo su Ticinolive.

Ristorazione al LAC: per la sua gestione si seguirà la via del concorso?

$
0
0

INTERPELLANZA

Occorre innanzitutto premettere che la Sezione UDC Città di Lugano si rallegra della volontà della Città di inserire finalmente un ristorante vero e proprio negli spazi del LAC. Ciò nonostante è necessario ripercorrere alcuni passaggi avvenuti lo scorso anno in riferimento a questa vicenda per poter meglio comprendere la natura della questione degli interpellanti.

In data 29.05.2019 sono stati assegnati gli spazi per i servizi di food & beverage presso il centro culturale LAC di Lugano mediante pubblico concorso, nel quale veniva unicamente sancita la gestione della caffetteria per la quale si prevedeva un “importante intervento artistico”, ma non un cambio radicale di destinazione. A quel momento non si faceva menzione dello sviluppo del comparto attraverso la creazione di un ristorante all’interno del centro culturale.

Negli stessi giorni di maggio 2019, il Municipale Roberto Badaracco -citato a mezzo stampa- confermava l’esistenza del  “progetto ristorante” all’interno del LAC ma che lo stesso era ancora in fase embrionale.

Negli ultimi giorni dello scorso dicembre invece, con grande soddisfazione di molti cittadini, l’Ente Autonomo LAC ha annunciato pubblicamente che questo ristorante “si farà!” mettendo a disposizione ben 160 coperti. In quell’occasione il Municipale Roberto Badaracco -sempre ripreso a mezzo stampa- esprimeva la sua soddisfazione: “Solo così diventerà un luogo di incontro e aggregazione”.

Alla luce di quanto sopra, siamo a presentarvi la seguente domanda:

  • Per l’assegnazione e la relativa gestione degli spazi dedicati al nuovo ristornate è prevista la pubblicazione

      di un nuovo concorso?

 

Il Gruppo UDC in Consiglio Comunale

Raide Bassi, prima firmataria

Alain Bühler

Tiziano Galeazzi

L'articolo Ristorazione al LAC: per la sua gestione si seguirà la via del concorso? sembra essere il primo su Ticinolive.

Il prestigiatore Tognola estrae Ducry dal cilindro

$
0
0

Ha suscitato interesse e sconcerto la candidatura di Jacques Ducry, attualmente socialista indipendente, sulla lista PLR per il consiglio comunale di Lugano.

Un primo punto va senz’altro attribuito a favore del presidente Tognola. Con la sua mossa eclatante, che alcuni hanno addirittura percepito come una sfacciata provocazione, ha ottenuto un notevole effetto di visibilità.

La mossa di Tognola è emblematica ed esprime chiaramente il suo concetto e la sua linea. Il suo fine è battere la Lega (se non ci riuscirà, si dimetterà) e ai suoi occhi la Lega può essere battuta solo da un PLR orientato a sinistra.

Obiettare è lecito? Indubbiamente sì, poiché l’elettore di sinistra voterà PS o Verde o i piccoli partiti molto prima di votare Tognola. Le perdite saranno superiori ai guadagni.

È opinione comune (e, per il momento, anche la nostra) che al “centro” resteranno due seggi in Municipio. E allora… sarà A o B (noi non sappiamo prevedere il futuro).

C’è grande attesa per l’assemblea PPD questa sera al Capannone, dove il “caso Ghisolfi” sarà al centro della scena e il presidente dimissionario Petralli promette ghiotte rivelazioni.

Ticinolive ha rinunciato al torneo di bridge e sarà presente all’evento.

* * *

ADDENDUM (ore 13)  Quest’ultima breaking news (che magari non sarà l’ultima) permette, a nostro avviso, di meglio comprendere la decisione del Vicesindaco di rinunciare alla candidatura.

La perdita non sarà lieve (e sicuramente Tognola l’avrà messa in conto). I numeri non sono tutto, ma un significato ce l’hanno. Nel 2016 l’on. Bertini ebbe 13025 voti, mentre il secondo eletto, il capo dicastero cultura on. Badaracco, ne ebbe 8366. Il primo subentrante Fabio Schnellmann (ora ufficialmente candidato) 7623.

L'articolo Il prestigiatore Tognola estrae Ducry dal cilindro sembra essere il primo su Ticinolive.

La Triste Storia della Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale

$
0
0

Era una sala magnifica, sede di balli, cerimonie, visite di autorità. Sorge, oggi come allora, di fronte al Duomo, ed è la sala più grande di Palazzo Reale. Ma oggi, a differenza di allora più nulla resta dell’antico splendore. Ricostruiamone insieme la (triste) storia.

La Sala degli Specchi, questo l’antico nome, si estende nell’ala di Palazzo Reale che sorge esattamente di fronte al lato nord del Duomo. Era stata realizzata tra il 1774 e il 1778 da Giuseppe Piermarini, Giocondo Arbertolli e dagli scultori Gaetano Callani e Giuseppe Franchi. Pare superfluo decantarne la bellezza. Fortunatamente ne esiste un documento pittorico, che ritrae un ballo di stato tenutosi nel 1875.

I festeggiamenti per il ricevimento dell’Imperatore Guglielmo I di Germania tenutisi nella Sala delle Cariatidi del Palazzo Reale di Milano il 17 ottobre 1875. – foto di Wikipedia

Il soffitto, a volta, era affrescato dalle opere di Appiani, Knoller e Traballesi, attorniate dagli stucchi dell’Albertolli e del Tazzini.

Nel 1919 il re d’Italia Vittorio Emanuele III accolse il presidente del Regno Unito Winston Churchill. Questa fu l’ultima visita ufficiale tenutasi a Palazzo Reale, che da proprietà dei Savoia, lo stesso anno divenne proprietà dello stato d’Italia.

Rara fotografia della Sala delle Cariatidi prima dell’incendio (da Wikipedia)

La storia della Sala degli Specchi, resta intaccata sino alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo l’armistizio, infatti, Milano fu una delle città che più ebbe a soffrire per i bombardamenti anglo americani. Nel 1943 una sola bomba colpì l’ala est dell’edificio, estendendosi però, a causa di spostamenti d’aria, anche ai sottotetti di tutte le sale. Così anche il sottotetto della Sala degli Specchi prese fuoco e la sua combustione causò il crollo della volta sottostante. Il soffitto si frantumò, crollando sul pavimento di marmo e distruggendolo.

La Sala degli Specchi rimase così scoperchiata, mentre l’incendio, non placatosi, intaccò gli stucchi, causandone la combustione. I dipinti dell’Appiani furono distrutti dal fuoco. Il fuoco bruciò il gesso delle cariatidi, decapitandole. Fu così che esse divennero le vere protagoniste, o meglio le principali vittime della distruzione di quella splendida sala, che da esse, dal quel momento in avanti, prese il nome.

La Sala delle Cariatidi rimase così scoperchiata sino al 1947. Quattro anni di abbandono, all’addiaccio, senza tetto. In quell’anno, a guerra finita, si decise di ricostruire il soffitto e il pavimento (quest’ultimo, però, fragilissimo, viene sempre coperto durante le mostre da pannelli). La sala fu però lasciata così come il fuoco l’aveva distrutta, a memoria delle generazioni future.

Nonostante si possiede ampia documentazione sugli stucchi e la balconata che divideva i due piani, la sala venne lasciata al suo triste ultimo atto.

Nel 1953 Picasso la elesse a scelta simbolica per l’esposizione della sua Guernica.

Solo dal 2000 la sala fu ripulita dalle anneriture provocate dall’esplosione e dall’incendio, e dei bozzetti a disegno furono posti sul soffitto, precedentemente bianco, per dare l’idea di come doveva essere affrescato.

La Sala delle Cariatidi oggi:

 

L'articolo La Triste Storia della Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale sembra essere il primo su Ticinolive.

Sono architetto d’interni e il mio nome è Nomnom

$
0
0

A Lugano arriva Nomnom perché la tua casa racconti meglio chi sei e collezioni ogni tuo amore

Intervista di Benedetta Galetti

Cosa si immaginava quando ha intrapreso gli studi d’architettura?

Volevo diventare un architetto come mio padre. Ho avuto un’infanzia circondata da arte, architettura, fotografia, discipline che mio padre amava e alle quali ha iniziato mio fratello e me. Una sorta di miscela delle culture.

Ero un bambino serio, a volte troppo, coscienzioso, premuroso, riflessivo. Da adolescente uscivo spesso, i voti a scuola ne risentirono. Ho trovato la mia strada nell’interior design. Mi sono sentito bene lì, senza molto sforzo, ho avuto buoni risultati. Ho sempre immaginato di avere un giorno il mio studio, di realizzare grandi progetti e di inventare nuovi concetti di ogni tipo. Gli studi sono stati stimolanti, vari progetti senza restrizioni.

Cosa fa un architetto d’interni?

E’ sempre una domanda a cui è difficile rispondere perché il lavoro è così vario. Facciamo un esempio. Diciamo che avete appena comprato una casa, ma non ti piace l’interno. Gli spazi sono mal organizzati, vorreste la cucina sul lato giardino, le camere da letto a Nord e creare un nuovo bagno. L’interior designer fa uno studio e vi presenta la sua proposta.

Consiglia, riorganizza gli spazi abitativi in modo che diventino il vostro appartamento, esegue progetti da trasmettere agli artigiani, progetta mobili, gestisce i cantieri. Egli interpreta il desiderio del cliente e lo rende realtà.

Quali sono le qualità essenziali di un architetto d’interni?

Ha una buona idea dei costi di produzione, un senso dello spazio. Deve avere buone capacità relazionali, di comunicazione e organizzative.

Cosa ha pensato che quando vende un edificio abbandonato o degli spazi non valorizzati?

Mi piacciono particolarmente i luoghi abbandonati, hanno una dimensione mistica che dà spazio a una maggiore creatività. Penso alla storia dell’edificio, a come valorizzare lo spazio per ingrandirlo. Intrecciare il passato con il moderno, aggiornare e rinnovare, lasciando una traccia del passato. Utilizzare l’esistente, rispettandolo, per renderlo un luogo unico.

Purtroppo si sente spesso dire che gli architetti di una volta erano più bravi. È davvero così?

Non sono del tutto d’accordo. Gli architetti di oggi devono fare i conti con vincoli che non esistevano in passato. Mi riferisco, ad esempio, agli standard per i disabili o agli standard ambientali, per citarne solo due. Oggi la ricerca di materiali sempre più tecnologici o riciclabili, ad esempio, permette di costruire in modo ancora più intelligente.

E la richiesta più strana che vi è stata fatta?

Una volta un cliente mi ha chiesto di installare una cassaforte nel suo bagno per nascondere i suoi gioielli. A prima vista può sembrare una richiesta folle, ma a pensarci bene, chi cercherebbe oggetti di valore nella toilette?!

Perché proprio il Ticino?

Stavo cercando una nuova sfida. Ho seguito la mia compagna, originaria di Lugano, che l’anno scorso ha trovato lavoro in Ticino. Non ho esitato a lungo prima di decidere di venire qui. Ma abbiamo dovuto ricominciare da capo. Rinunciare al mio lavoro nella Svizzera romanda, imparare l’italiano e pensare al mio progetto professionale, Nomnom. Però non rimpiango la mia decisione per un secondo.

Ha lavorato anche all’estero? Qual è la situazione fuori dalla Svizzera?

Sì, ho lavorato in Francia, Canada e Germania negli ultimi dieci anni. Lavorare all’estero mi ha insegnato ad adattarmi allo stile di vita, pur mantenendo una linea guida nel mio design. Ci sono molte correnti e grazie a Internet, le influenze viaggiano di paese in paese. La differenza potrebbe in realtà essere tra centri urbani e centri rurali, ma non tra paesi. Dopo che ci sono importanti culture del design, il design italiano è naturalmente uno dei più grandi, come il design scandinavo.

Un consiglio per chi sta mettendo su casa proprio in questo momento?

Chiedere consigli sulle potenzialità dell’immobile prima dell’acquisto. Visitate con il vostro architetto per valutare insieme le possibilità di sviluppo o un’eventuale ridistribuzione dei locali.

Perchè Nomnom ? Da dove viene questo nome?

Quando ero bambino, tutta la mia famiglia mi chiamava “bonhomme”, che significa ometto in francese. Non riuscivo a pronunciarlo correttamente e dicevo “nome-nome”. Da allora, “nomnom” è diventato il mio soprannome per tutti.

Che cosa fa Nomnom? Quali sono i servizi che propone?

Nomnom offre un servizio di interior design con tutti gli aspetti che questo comporta. Dall’ideazione del progetto, alla direzione dei lavori, alla produzione di arredi e mobili su misura. Per ulteriori informazioni, visitare il sito web www.nomnom-design.ch

Aurélien Juredieu

L'articolo Sono architetto d’interni e il mio nome è Nomnom sembra essere il primo su Ticinolive.

Viewing all 20292 articles
Browse latest View live